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mercoledì 7 febbraio 2018

Lo spazio dello chef: le Bugie di Carnevale


Storia
La fine del freddo mese di gennaio ed il fresco arrivo di febbraio, portano in dote con loro l'arrivo di una delle feste maggiormente amate dai più piccoli e non solo: il Carnevale. 


Questa festa, celebrata prettamente nei paesi di origine cattolica, è solita esser caratterizzata da vere e proprie sfilate nelle quali il gioco, la fantasia ed il mascheramento dei partecipanti, fan si che in questo periodo si riesca maggiormente a prender la vita con nonchalance. 
Il carnevale non è solamente costituito da parate, feste e risate, infatti in questo periodo dell'anno la tradizione nostrana porta sulle tavole di ciascuno di noi le celeberrime Bugie o Chiacchiere. Questa preparazione, realizzata mediante l'impasto di farina, burro, zucchero, uova e marsala, rappresenta al meglio la tipicità del'arte gastronomica e pasticcera italiana del periodo carnevalesco. 
Conosciute in ogni regione del nostro Bel Paese con nomi differenti, la ricetta ha un'antica origine. I primi antenati delle odierne frappe, risalgono infatti ai tempi d'oro dell'antico Impero romano, dove delle sfoglie dolci erano solite esser consumate dopo una frittura in olio, utile a rendere croccante il dolce. 
Con la modernizzazione delle tecniche di cucina sono iniziate a comparire, dapprima nelle più raffinate pasticcerie ed in seguito anche nelle più modeste panetterie, una variante delle bugie tradizionali. Queste ultime vengono infatti contraddistinte dalle prime per via di un gustoso e ricco ripieno di confettura o di crema nocciola.

Curiosità

-Le frappe sono un patrimonio nazionale ed è per questo che rientrano nell'elenco dei PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani.
-La preparazione della squisitezza da noi oggi trattata è tutto sommato semplice: si tratta infatti di friggere un impasto dolce e cospargerlo con dello zucchero.
-L'elevato tasso di grassi e zuccheri, rende le bugie uno dei dolci maggiormente apprezzati dai bambini.
-Oltre ad esser diffusissime nel nostro territorio, questi gustosissimi dolcetti sono sconosciuti ed apprezzati in diversi dei paesi dell'Unione Europea come la Francia, la Croazia e la Germania.

Ricetta

Ingredienti per sei persone:


  • Farina 740 g;
  • Zucchero 95 g;
  • Burro 75 g;
  • Uova n°5 (quattro uova e un tuorlo);
  • Lievito per dolci 10 g;
  • Marsala 40 g;
  • Profumo di vaniglia;
  • Sale;
  • Olio;
  • Zucchero a velo;
Preparazione
  1. Dopo aver setacciato la farina ed il lievito contemporaneamente, ponete il tutto in una bastardella ed andate ad aggiungere zucchero, sale, uova e marsala.
  2. Amalgamate bene con l'ausilio delle fruste da cucina; dopodichè andate ad aggiungere il burro e l'aroma di vaniglia, impastando il tutto con le mani.
  3. Dopo che avrete ottenuto un impasto omogeneo, andate a donargli una forma sferica. Avvolgetelo nella pellicola da cucina e lasciate riposare all'incirca per un'oretta.
  4. Dividete l'impasto e andate a stenderlo delicatamente sino a renderlo il più sottile possibile. Con una rotella da cucina,  dal bordo smerlato, andate a ricavare dei rettangoli d'impasto che andrete a friggere in un tegame ricoperto d'olio.
  5. Una volta che la sfoglia ha assunto un colore dorato, con una schiumarola andate a scolare le vostre chiacchiere e a porle su della carta assorbente.
  6. Una volta raffreddate, ponetele sun un piatto da portata e cospargetele con lo zucchero a velo. Buon appetito.
-Scritto da A-

mercoledì 24 gennaio 2018

Lo spazio dello chef: il Panforte


Storia
Il Panforte è un tipico dolce della tradizione culinaria senese che affonda le proprie origini nell'antichità. Il dessert, realizzato mediante l'impasto di ingredienti una volta disponibili solo in quantità minime quali le mandorle, le arance, il cedro ed il miele, viene solitamente consumato nei periodi freddi dell'anno.


La squisitezza da noi oggi trattata, è assieme al pandoro ed al panettone una tipica preparazione natalizia. I primi scritti concernenti la ricetta in questione, risalgono all'anno mille dopo cristo, dove esso era essenzialmente una focaccia dolce a base di miele a cui, con il passare degli anni, venne man mano aggiunta la frutta. Preparato nei secoli precedenti solo per i nobili, il clero ed i ricchi in genere, il panforte come noi oggi lo conosciamo è il risultato dell'esperimento di un cuoco senese che, in occasione della visita della regina Margherita di Savoia nel 1879, tolse dall'impasto il melone candito e rivestì il tutto con una copertura di zucchero vanigliato.

Curiosità

-Il panforte ha ottenuto nel 2013 la certificazione IGP, Denominazione d'origine e Indicazione Geografica Protetta.
-Le varianti del dolce più largamente diffuse sono quella bianca e quella nera; le due si differenziano l'una dall'altra per la presenza nell'impasto scuro del melone e del pepe.
-La ricetta, in passato era solita esser preparata indifferentemente in tutte le stagioni dell'anno ma l'aggiunta della frutta e la conseguente fermentazione all'interno dell'impasto da parte della stessa nelle stagioni estive, costrinse i cuochi a preparare la prelibatezza solo nei mesi freddi.
-Il nome deriva per l'appunto dalla fermentazione innescata dalla frutta, rea di caratterizzare con un sapore acidulo il dolce. Da qui il nome pane acido o più semplicemente panforte.

Ricetta

Ingredienti per 8 persone:

  • Mandorle 345 g;
  • Zucchero 400 g;
  • Miele 180 g;
  • Farina 210 g;
  • Cedro candito 180 g;
  • Arancia candita 180 g;
  • Zucchero a velo;
  • Noce moscata;
  • Chiodi di garofano;
  • Coriandolo;
  • Cannella;
  • Ostia in fogli;
Preparazione:
  1. Ponete un pentolino con all'interno miele e zucchero sul fuoco e fate sciogliere quest'ultimo.
  2. Ponete in una bastardella il vostro sciroppo ed andate ad incorporare all'interno dello stesso le mandorle, l'arancia ed il cedro. Mescolate e unite la farina setacciata.
  3. Una volta che l'impasto risulterà ben sodo, unite le spezie amalgamando l'impasto per bene.
  4. Prendete una teglia da forno rotonda, imburratela e posate sul fondo di essa il foglio di ostia. Sulle pareti della tortiera applicate la carta da forno.
  5. Versate all'interno quanto prima preparato ed andate man mano a livellarlo. Spolverate con lo zucchero a velo e cuocete a 220° per dieci minuti circa.
  6. Sfornata, lasciate raffreddare completamente e poi togliete il panforte dalla tortiera. Rimuovete la carta da forno, ponete su un piatto da portata e spolverate ancora con lo zucchero a velo. Servite e buon appetito.
-Scritto da A-

mercoledì 17 gennaio 2018

Lo spazio dello chef: il Castagnaccio


Storia
Il Castagnaccio è un dolce tipico della tradizione pasticcera toscana, la quale nel corso dei secoli ha avuto il merito di diffondere la ricetta nelle zone appenniniche e pianeggianti del nostro Bel Paese.


Ad oggi il dolce, conosciuto anche con il nome di Migliaccio o Patona, è facilmente reperibile in Piemonte, in Liguria ed in Emilia Romagna oltre ad essere prodotto anche in alcune aree della Corsica. Questa torta, scura e sottile, è da secoli la protagonista indiscussa di sagre e feste contadine autunnali ed invernali. Realizzata cuocendo in forno un impasto ottenuto mediante l'unione di farina di castagne, olio d'oliva, pinoli ed uvetta, questa squisitezza affonda le proprie origini nel passato tanto che in un manoscritto del 1553, tale "Commentario delle più nobili et mostruose cose d'Italia e di altri luoghi", scritto da Ortensio Landi, il dessert fa capolino come piatto ideato da Pilade da Lucca.
Realizzato da ingredienti facilmente reperibili, il castagnaccio è stato sin dall'antichità un dolce della tradizione contadina, in quanto le castagne stesse rappresentavano la base dell'alimentazione povera grazie alla loro facilità d'utilizzo, di conservazione e di rintracciabilità.
Con la fine del secondo conflitto bellico mondiale, gli agi ed il benessere generale che caratterizzavano una grande maggioranza degli italiani portarono il dolce ad attraversare un periodo di declino, terminato con gli inizi degli anni duemila, quando la bontà artigianale del castagnaccio tornò a conquistare anche i palati più fini.

Curiosità
-Una variante toscana del castagnaccio è rappresentata dai Necci, piccole frittelle ottenute con farina di castagne ed acqua.
-Il dolce rientra nell'elenco dei prodotti agricoli tradizionali.
-E' solito accompagnare la torta con un vino dolce, solitamente il vin santo.
-A seconda della località in cui esso è prodotto, si aggiungono alti ingredienti all'impasto come ad esempio il rosmarino o le scorze d'arancia.

Ricetta

Ingredienti per 6 persone:
  • Farina di castagne 300 g;
  • Acqua 390 g;
  • Pinoli 60 g;
  • Uvetta 48 g;
  • Rosmarino;
  • Sale;
  • Olio extravergine d'oliva 24 g;
Preparazione:
  1. Occupatevi in prima battuta delle operazioni preliminari: lavate l'uvetta e ponetela in ammollo in acqua fredda. Dopodiché lavate e tritate grossolanamente il rosmarino.
  2. Ponete sotto setaccio la farina e versatela in una bastardella dove andrete ad aggiungere poco alla volta l'acqua mentre con una frusta da cucina dovrete amalgamare i due ingredienti.
  3. Una volta ottenuto un composto omogeneo, aggiungete i pinoli, il sale e l'uvetta.
  4. Ungete una tortiera e versatevi all'interno il composto, cospargendo la superficie del castagnaccio con il rosmarino triturato ed un filo di olio. Cuocete in forno a 175° per una mezz'oretta, ovvero fino a quando la superficie del dolce non avrà formato una croccante crosticina.
  5. Sfornate e lasciate raffreddare dopodiché potrete andarvi a gustare la vostra squisita torta. Buon appetito.
-Scritto da A- 

mercoledì 10 gennaio 2018

Lo spazio dello chef: Panettone vs Pandoro - Parte II


Storia
L'Epifania come ben si sa, ogni festa si porta via ed è così che, migliaia di studenti e di lavoratori si sono dovuti riaccomodare nei loro rispettivi banchi di scuola o nelle loro postazioni lavorative.

Anche per noi di Newsollo le vacanze, con l'avvento della settimana corrente, sono terminate ma attraverso "Lo spazio dello chef" proveremo, almeno in parte, a farvi riassaporare la magia che con le feste natalizie ognuno di noi ha potuto godere. Infatti se ben ricordate, prima della pausa ci eravamo lasciati con la sfida per aggiudicare il titolo di "dolce di Natale", onorificenza contesa come ogni anno tra il panettone ed il pandoro. Dopo aver divulgato sul primo la scorsa volta, oggi tocca al secondo esser posto sotto lente di ingrandimento.

Il Pandoro è un tipico dolce dell'arte pasticcera veronese, nonostante alcuni gli attribuiscano origini viennesi, consumato come tradizione vuole nel periodo delle festività natalizie. Ottenuto grazie all'impasto di ingredienti semplici come la farina, le uova, lo zucchero, il burro, il lievito, il miele e la vaniglia, questo speciale dolce si presenta agli occhi dei consumatori con una tipica forma di stella ad otto punte, forma donatagli dal pittore impressionista Angelo Dall'Oca Bianca. Fu poi Domenico Melegatti, fondatore dell'industria dolciaria omonima, a depositare il brevetto del dolce a noi oggi così tanto familiare: era il lontano autunno del 1894.

Ciò detto, il pandoro affonda le proprie origini nell'antichità, tanto che un suo predecessore era conosciuto ed apprezzato ai tempi della dominazione romana come citato da uno scritto risalente ai tempi di Plinio il Vecchio (primo secolo d.C.). Presumibilmente però, il dolce da cui la squisitezza da noi tanto apprezzata prende i natali, è il "pane d'oro", preparazione servita nelle tavole dei nobili veneziani intorno al 1200. Una piccola minoranza, attribuisce invece al "pane di Vienna", dolce apprezzato alla corte degli Asburgo, la discendenza del pandoro. Quello su cui non si può dibattere, è il fatto che la ricetta come noi oggi la conosciamo risale all'ottocento, quando i cuochi veronesi perfezionarono il nadalin.

Curiosità
-Il pandoro rientra nell'elenco dei P.A.T, ovvero i prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
-Nonostante molti tendano a consumarlo a temperetura ambiente, il dolce veronese sarebbe più gustoso se scaldato prima della sua consumazione.
-Come per il panettone, anche la bontà da noi oggi trattata, con l'avvento della globalizzazione e dell'industrializzazione ha subito delle modifiche; ad oggi è infatti possibile trovare delle varianti del pandoro ripiene di creme varie.
-Per gustare al meglio il pandoro, è consigliato accompagnarlo con una delicata crema al mascarpone od in alternativa ad essa dello zabaione.

Gusto e realizzazione
Il pandoro si presenta come un dolce dalla consistenza soffice e corposa, con un gusto più delicato rispetto al suo rivale, questo grazie alla presenza della vaniglia e del miele. Questi ultimi ingredienti citati, conferiscono al dessert un raro profumo di vaniglia mentre le uova presenti nell'impasto sono le principali artefici del color ambrato caratteristico del dolce. Tradizionalmente poi, il pandoro non è solito esser guarnito con canditi (come invece è il panettone) o creme, queste ultime introdotte con l'industria dolciaria in una quantità minore di prodotti. 
Ora che siete tutti a conoscenza delle rispettive caratteristiche di pandoro o panettone, tocca a voi decretare il vincitore.


-Scritto da A- 

mercoledì 20 dicembre 2017

Lo spazio dello chef: Panettone vs Pandoro - Parte I


Storia
Oramai siamo agli sgoccioli, ancora cinque lunghe giornate e finalmente arriverà il Natale che, con la sua magica atmosfera, conquisterà come ogni anno grandi e piccini. La festa della nascita di Gesù bambino, commercializzata oltre ogni modo negli ultimi decenni, è ancora oggi un giorno capace di riunire famiglie ed amici, intenti in questa giornata a scambiarsi i regali e a gustarsi tutti insieme un lauto e gustoso pasto. E cosa c'è di meglio se non un buonissimo Panettone per concludere degnamente una ricorrenza tanto speciale?


Il panettone è un dolce tipico della tradizione pasticcera italiana, per la precisione della città di Milano, il quale da secoli è strettamente legato alle festività natalizie, dove è solito esser consumato come dessert alla fine dei pasti, magari accompagnato da un buon calice di vino dolce. 
Esso si realizza lavorando con molta pazienza ed amore ingredienti come le uova, la farina, lo zucchero, il latte ed il burro, ai quali in un secondo momento vengono aggiunte scorzette di arancia candita ed uvetta. Il dolce milanese, si presenta agli occhi dei commensali con una base cilindrica che sviluppandosi in altezza termina con una cupola. 

La globalizzazione, ha fatto si che il Re dei dolci natalizi smettesse in larga parte di esser prodotto dalle sapienti mani degli artigiani locali, per esser cucinato in larga scala all'interno delle industrie dolciarie, responsabili poi di espandere l'onomatopea del panettone oltre i confini lombardi ed italici. Ad oggi, è infatti assai facile reperire in tutto il globo il dessert in questione, anche se i prodotti artigianali vantano una qualità organolettica inarrivabile per le case di produzione di massa. 

Il panettone affonda le proprie origini nel passato (il primo scritto che certifica la presenza nel tempo di un'antenato della squisitezza da noi trattata oggi, è contenuto all'interno di un registro del collegio Borromeo di Pavia, ed è datato 1599) e nel corso dei secoli, sono molteplici le leggende ed i miti che si sono intrecciate alla sua storia. 
Secondo alcuni, l'antenato per eccellenza del panettone è il panfarcito, una preparazione di origine siciliana realizzata oltre settecento anni fa con un impasto simile a quello del pane ma con l'aggiunta di mandorle, miele e passoline. Altri attribuiscono la sua creazione ad uno sguattero di nome Toni, il quale aiuto lo chef di Ludovico il Moro a realizzare uno splendido e sontuoso pranzo di Natale. 
La leggenda più affascinante, racconta invece la storia di Messer Ulivo degli Atellani che, innamorato della figlia di un fornaio, si fece assumere da quest'ultimo per conquistare il cuore della ragazza. Egli riuscì incorporando vari ingredienti, a realizzare un dolce che rese celebre il forno e ricco il suo proprietario, il quale diede di buon grado il consenso ai due giovani di convolare a nozze.

Curiosità
-Nella città di Milano è solito conservare un panettone da consumarsi il 3 febbraio dell'anno nuovo, nel giorno di San Biagio. Esso, altro non rappresenta che un gesto scaramantico contro i mali di stagione ma, permette anche alle pasticcerie di riutilizzare e guadagnare sui panettoni invenduti.
-Negli anni, sono diverse e differenti le variazioni sul tema proposte da pasticcerie ed industrie dolciarie, come il panettone glassato, quello ricoperto da cioccolato o quelli guarniti con creme varie.
-Il panettone artigianale è certificato da un marchio rilasciato dalla Camera di Commercio di Milano.
-Il dolce è registrato all'interno dell'elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani, i PAT.


Gusto e realizzazione
Il panettone, almeno quello realizzato secondo le tecniche della tradizione artigianale nostrana, è un prodotto da forno realizzato a partire da una pasta lievitata. Dalla consistenza morbida e fragrante, la forma stessa del dolce è realizzata attraverso degli stampi di cottura, i quali rimangono poi attaccati al prodotto una volta terminato. Dall'aroma pungente e corposo, il dolce tipico natalizio deve il suo aroma alla lievitazione a pasta acida, anche se i canditi e le uvette tendono a smorzare questo gusto. Gli ultimi ingredienti citati poc'anzi, sono spesso criticati soprattutto dai più piccoli, i quali tendono a toglierli dal prodotto finito. 
Con la globalizzazione, il panettone ha avuto negli anni molti e vari prodotti che hanno tentato di sostituirlo o modificarlo, uno di questi è il Pandoro, l'altro tipico dolce natalizio che contende ogni anno lo scettro di sovrano dei dolci delle feste, di cui andremo ad analizzare la prossima settimana.


-Scritto da A- 

mercoledì 13 dicembre 2017

Lo spazio dello chef: Lo Zabaione


Storia
Lo Zabaione è una delle creme più antiche dell'arte pasticcera italiana, ottenuta tramite l'emulsione di ingredienti come i tuorli d'uovo, lo zucchero e vini liquorosi.


Conosciuto anche con il nome di zabaglione o zabajone, questa preparazione si presenta agli occhi dei consumatori come una crema soffice e spumosa di colore giallo pallido, la quale può essere impiegata per guarnire altre tipologie di portata o essere una calda e sostanziosa bevanda d'accompagnamento per gustarsi delle buone paste secche e torte varie. 
Il suddetto dolce è uno dei maggiori dessert consumati nel periodo natalizio ed invernale in genere, questo per la sua carica energetica innata e per il fatto d'esser solitamente consumato ancora caldo.
L'origine di questo antico dessert è solamente ipotizzabile: sono infatti diverse le leggende nate riguardanti la genesi di questa crema, ad oggi nota in gran parte dell'Europa e dei paesi occidentali, dove la si può facilmente trovare come tipica preparazione casereccia o come raffinata ricetta di chef stellati.
Uno dei miti sullo zabaione, racconta che esso sia un'invenzione del capitano di ventura Giovan Paolo Baglioni, il quale dopo esser arrivato alle porte di Reggio Emilia senza viveri, incaricò i suoi sottoposti di derubare i contadini della zona. Questi tornati con solo uova, zucchero e vino, decisero di unirli creando appunto l'antenato dello zabajone. Un'altra storia, racconta invece che la sua origine fosse sabauda ed il suo nome ricordasse il santo patrono di cuochi e pasticceri, San Pasquale Baylòn. Cenni storici concernenti questa preparazione, farebbero risalire il suo concepimento sotto la corte dei Gonzaga o nelle cucine di Caterina De Medici.
Riscontrato come sia ancora ad oggi difficoltoso districarsi fra le varie narrate che raccontano la nascita di questa crema, andiamo ora a vedere come mai essa sia tanto amata e diffusa.

Curiosità
-La crema zabaione è da due anni all'interno del prestigioso elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Piemontesi.
-La crema è un ingrediente essenziale per la realizzazione della torta Ostiglia, dolce tipico mantovano realizzato a partire dal XX secolo.
-I vini liquorosi impiegati per la ricetta in questione sono il Marsala, il Vin Santo, il Porto, il Moscato, lo Xeres ed il Rivesaltes.
-Il più antico cenno storico concernete una preparazione simile allo zabaglione arriva da Napoli ed è contenuto all'interno del ricettario "Ms. Buhler", conservato gelosamente all'interno della Morgan Library & Museum di New York City.

Ricetta

Ingredienti per 6 persone:

  • Tuorli d'uovo n° 6 (circa 120 grammi);
  • Zucchero 125 g;
  • Marsala 150 g;
Preparazione:
  1. Ponete dei cubetti di ghiaccio all'interno di una ciotola abbastanza capiente e riponete il tutto in freezer.
  2. Dividete a metà lo zucchero: una meta la dovrete andare ad aggiungere in un pentolino con all'interno il marsala portando lentamente a sciogliere lo zucchero senza però far evaporare il vino, l'altra la dovrete aggiungere in una bastardella dove precedentemente avrete già disposto i vostri tuorli d'uovo.
  3. Con l'aiuto di una frusta da cucina andate ad incorporare lo zucchero alle uova, andando ad ottenere un composto liscio e spumoso.
  4. A questo punto andate ad aggiungere un bicchiere di marsala e mescolate in modo tale da stemperare il composto. 
  5. Dopodiché andate ad aggiungere tutto il vostro Marsala e mescolate. Ponete il tutto a bagno maria e cuocete sino a che la vostra crema non sarà pronta.
  6. Togliete dal freezer la ciotola con il ghiaccio, ponete al suo interno una scodella meno capiente e versate al suo interno la crema. Stemperate il calore mescolando delicatamente con una spatola e una volta raffreddata potrete andare a servirla ai vostri ospiti. Buon appetito e buone feste!
-Scritto da A- 


mercoledì 6 dicembre 2017

Lo spazio dello chef: La Carrot Cake


Storia
La Carrot Cake è una strabiliante torta angloamericana che, seppur partendo da un ingrediente a base sapida come le carote, risulta essere ad oggi una delle preparazioni dolciarie meglio riuscite e più apprezzate in territorio americano e non solo.


Soffice e saporito, questo dolce si presenta agli occhi dei consumatori denotando un tipico colore bruno, risultato dell'unione di ingredienti come la cannella e lo zucchero di canna non raffinato. Questi due elementi in particolare, conferiscono alla torta un aroma più pungente e dolciastro. Oltre alle carote, allo zucchero grezzo e alla cannella, è la farcia di formaggio fresco un'altro elemento caratteristico del dessert a stelle e strisce. 
Nonostante molti, soprattutto tra noi italiani, siano ancora scettici riguardo all'utilizzo delle carote per la realizzazione di squisiti dolci, è opportuno sapere che l'ortaggio arancione è sin dal medioevo utilizzato per le preparazioni di pasticceria. La carota, appartenente alla famiglia delle Apiaceae, è un ortaggio dal forte contenuto zuccherino ed in passato la scarsa disponibilità di dolcificanti, faceva si che i cuochi sfruttassero questa caratteristica per dare dolcezza ai loro dessert.
Ciò nonostante, ad oggi le origini della carrot cake risultano essere ancora dubbie: Norvegia, Gran Bretagna e Svizzera si sono da sempre contese la paternità di questa torta. L'unica certezza è che questo dolce assunse una rilevanza particolare nelle terre di Sua Maestà la Regina Elisabetta, dove dopo la seconda grande guerra passò, dall'essere una preparazione prettamente casalinga, ad una specialità servita nelle migliori pasticcerie. 
Altri invece collocherebbero la nascita della carrot cake negli States, dove George C. Page sfruttò una sovrapproduzione di carote in scatola per creare questa semplice e genuina bontà.

Curiosità
-La carrot cake senza alcun dubbio non è nata nella forma conosciuta da noi oggi. La sua realizzazione è infatti stata ottenuta da una lenta ma costante trasformazione.
-Con ogni probabilità, un predecessore della suddetta torta è il Carrot Pudding, un budino di carote servito nella prima metà del seicento.
-La genuinità e la semplicità sono le caratteristiche vincenti di questo dessert.
-Le carote iniziarono ad essere consumate come alimento solo nel 1500.
-L'iniziale colore delle carote non era l'arancione bensì il violaceo. Fu un botanico francese dell'ottocento a conferire il tipico colore che ad oggi noi conosciamo, andando a creare un tipo di carota domestico.

Preparazione

Ingredienti per 6 persone:

  • Carote 210 g;
  • Uova n°4;
  • Farina 180 g;
  • Olio di semi 210 g;
  • Zucchero non raffinato 210 g;
  • Lievito per dolci 10 g;
  • Bicarbonato 6 g;
  • Cannella 6 g;
  • Formaggio spalmabile 300 g (per la glassa);
  • Burro 60 g (per la glassa);
  • Zucchero a velo 300 g (per la glassa);
  • Vanillina mezza bustina (per la glassa);
Preparazione:
  1. Iniziate la vostra torta pelando e grattugiando le vostre carote.
  2. Ponete ora in una bastardella lo zucchero e le uova andandole a mescolare con l'ausilio delle fruste da cucina. Dovrete ottenere un composto bello spumoso.
  3. Giunti a questo punto, unite l'olio a filo ed amalgamate bene il tutto.
  4. Aggiungete la farina setacciata e delicatamente andate a mescolare; una volta incorporata anche la farina aggiungete il bicarbonato, il lievito e la cannella.
  5. Lavorate l'impasto con l'aggiunta delle tre polveri e poi aggiungete le carote grattugiate.
  6. Foderate con della carta da forno una tortiera e versatevi al'interno il preparato. Cuocete in forno ventilato a 160° per quarantacinque minuti.
  7. Una volta decorso il tempo di cottura, sfornate la torta e lasciatela riposare.
  8. Preparate nel mentre la vostra glassa, andando ad unire il formaggio fresco, lo zucchero, la vanillina ed il burro: dovrete ottenere una crema liscia e lucida.
  9. Ponete la torta raffreddata su un piatto da portata e cospargetela con la glassa, il cui compito sarà quello di andare a ricoprire l'intera superficie della vostra carrot cake. decorate a piacimento, servite e buon appetito!
-Scritto da A- 

mercoledì 29 novembre 2017

Lo spazio dello chef: la Red Velvet


Storia
La Red Velvet, è una delle torte più caratteristiche ed affascinanti del panorama culinario a stelle e strisce: scopriamone insieme il motivo.


Questa squisitezza, si presenta come una classica torta a strati guarnita con una crema a base di formaggio o vaniglia, la cui particolarità innata sta nel contrasto tra il colore rosso, caratteristico della base, ed il colore chiaro della farcitura.
Il colore rosso che tanta notorietà e scenograficità dona al dessert, può variare dall'acceso al vivo, dal bordeaux al mattone, a seconda del pasticcere autore del capolavoro.
Composta da ingredienti facilmente reperibili come la farina, le uova, il burro, lo zucchero, il cacao ed il latticello, questa bontà (il cui nome letteralmente sta a significare "torta di velluto rosso", per esaltare la naturale soffice e setosa consistenza della base) viene solitamente guarnita da una crema che a seconda dei casi può essere a base di vaniglia, burro o più comunemente formaggio fresco.
Le fonti in nostro possesso collocano la nascita di questo dolce nei primi anni del secolo scorso, quando esso veniva servito nel ristorante del rinomato The Waldorf Astoria Hotel. Nonostante ciò, la red velvet cake raggiunse una discreta notorietà solamente negli anni sessanta, quando in America esplose il fenomeno delle "crazy cakes", dolci volutamente eccessivi ed accattivanti.
La red Velvet, pur nascendo come tipica torta degli stati Uniti Meridionali, ad oggi è uno dei dolci più in voga in tutto il paese d'oltreoceano e nel mondo.

Curiosità
-Inizialmente, il colore rosso caratteristico della red velvet, era dato dal contrasto naturale derivante dalla reazione chimica tra ingredienti acidi come il latticello ed il cacao. Oggi, all'impasto viene aggiunto del colorante alimentare per aumentare il grado d'intensità della pigmentazione.
-La base della torta è composta da ingredienti che rendono la consistenza della stessa talmente soffice da far risultare superfluo il compito di bagnare con del liquore i dischi di composto prima di guarnirli.
-L'aspetto unico ed affascinante della red velvet, rende questo dessert adatto a particolari e speciali celebrazioni.

Ricetta

Ingredienti per 6 persone:

  • Farina 265 g;
  • Burro 100 g;
  • Zucchero 270 g;
  • uova n° 2;
  • Cacao 10 g;
  • aroma di vaniglia 4 g;
  • sale 5 g;
  • Latticello o yogurt bianco 220 g;
  • Colorante alimentare rosso;
  • Aceto di mele 4,5 g;
  • Bicarbonato 4 g;
  • Mascarpone 250 g (per la crema);
  • Panna fresca 250 g (per la crema);
  • Zucchero a velo 120 g (per la crema);
Preparazione: 
  1. Con l'ausilio delle fruste da cucina, sbattete in una bastardella il burro a temperatura ambiente con metà dello zucchero fino a che non avrete ottenuto un composto chiaro e spumoso.
  2. A questo punto, aggiungete al composto le uova (una per volta), il restante zucchero ed amalgamate.
  3. Unite il cacao rigorosamente setacciato, il colorante e l'aroma di vaniglia.
  4. Sciogliete il sale fino nel latticello (od in alternativa ad esso nello yogurt bianco) ed unitelo al composto precedentemente ottenuto, alternando con la farina ed il bicarbonato sciolto nell'aceto; mescolate bene il tutto.
  5. Ungete tre tortiere e versate il composto in esse in ugual misura; infornate in forno ventilato a 180° per 30 minuti.
  6. Nel frattempo occupatevi della crema: amalgamate il mascarpone con la panna fresca, dopo di che aggiungete lo zucchero e mescolate bene sino a che non avrete ottenuto una crema liscia e brillante.
  7. Sfornate i dischi di impasto rossi e lasciateli intiepidire prima di estrarli; una volta sformati, lasciateli raffreddare completamente.
  8. Poggiate ora il primo disco su un piatto da portata e cospargetevi sopra la crema a base di mascarpone e panna; coprite con il secondo disco e ripetete l'operazione. 
  9. Per finire, ricoprite l'intera torta con la crema e servite: buon appetito!
-Scritto da A-  

mercoledì 22 novembre 2017

Lo spazio dello Chef: l'Alimentazione Biologica


Ieri, in uno dei nostri articoli (Alla scoperta dei falsi bio) abbiamo parlato della maxi truffa bio sventata dalla Guardia di Finanza nel ragusano.
Nonostante una breve e rapida spiegazione su cosa siano questi alimenti bio, in molti ci hanno scritto per domandarci ulteriori informazioni al riguardo, considerando soprattutto che nel nostro paese in epoche recenti hanno avuto una notevole esplosione di notorietà e di consumo.


Come già visto, questi cibi sono degli alimenti ottenuti attraverso processi e procedure di lavoro biologiche, in poche parole derivanti da allevamenti ed agricolture che sfruttano le proprietà tipiche della natura e del territorio, non intervenendo sui prodotti con pesticidi, fertilizzanti e similari.
Questo tipo di coltivazione degli alimenti, oltre ad esaltare le biodiversità delle specie di alimenti trattati, ha lo scopo di garantire un adeguata qualità alimentare. Inoltre queste tecniche di produzione hanno la funzione intrinseca di preservare l'equilibrio dell'ecosistema terrestre, permettendoci di vivere in armonia con la natura.

Gli albori di questa agricoltura si sono intravisti nell'immediato dopo guerra. Precursori di quello che ad ora è diventata una vera e propria cultura di massa furono Rudolf Steiner e Albert Howard, i primi fondatori di scuole di pensiero e coltivazione biologica. 
La continua e crescente conoscenza degli effetti sull'uomo di una corretta e sana alimentazione, altro non hanno fatto che rappresentare un fenomeno di crescita per questi alimenti, arrivati ad essere nell'ultimo decennio cibi correnti nell'alimentazione quotidiano d'ognuno di noi.


Decidere di nutrirsi con queste particolarità di alimenti vuole dire intraprendere la scelta di nutrirsi in armonia con i tempi e con la natura, decidendo in primis di salvaguardare il proprio benessere.
Non essendo trattati con pesticidi e conservanti, questi alimenti risultano esser maggiormente sensibili alla formazione di muffe, tossine e agenti deterioranti: unico aspetto negativo di una filiera alimentare davvero invidiabile e corretta.

Un prodotto per essere definito bio deve essere costituito per almeno il 95% da ingredienti derivati da coltivazioni biologiche. 
Nutrirsi biologicamente è una scelta di vita utile per salvaguardare la propria salute vivendo in armonia con la natura che ci circonda ma, attenzione a ciò che vi sta intorno: non è tutto bio ciò che appare.

                                                                         -Scritto da A-

mercoledì 8 novembre 2017

Lo spazio dello chef: La Crema Bavarese


Storia:
La Crema Bavarese è un dolce al cucchiaio di origine transalpina dalla consistenza densa e cremosa, il quale forse al meglio racchiude la raffinatezza e la bontà della pasticceria francese.


Il dessert, ad oggi un vero e proprio must, composto da crema inglese, gelatina in fogli e panna, riesce grazie al suo gusto leggiadro e al suo aspetto raffinato a farsi amare anche dai più scettici, potendo essere servito da solo, accompagnare la preparazione di dolci più elaborati o fungere da farcitura. 
Nonostante ciò, è la semplicità la vera chiave dietro cui si cela la fortuna ed il successo del dolce.
Il nome di questa famosa ricetta, deriva dalla regione tedesca della Baviera e oggi giorno è solito trovare il dolce chiamato semplicemente con il termine "Bavarese", omettendo la parola crema ed anticipando il nome con l'articolo femminile "La". In passato era invece comune e corretto anticipare la radice "Bavarese" con l'articolo maschile "Il", in quanto il nome deriva dal francese "Bavarois". Di simil aspetto e consistenza ad un budino, il dolce in questione differisce dal suo similare per l'aggiunta di panna .

Curiosità:
-Nonostante la bavarese esista in tante e diverse varianti, la versione più largamente diffusa è quella alla vaniglia.
-Prima del successo conseguito in Francia, il bavarese fu introdotto in Germania nel 1700 non come crema bensì come bevanda a base di the, latte e liquore.

Ricetta:

Ingredienti:

  • Tuorli d'uovo n°3;
  • Latte 150 ml;
  • Panna fresca 200 ml;
  • Zucchero 70 g;
  • Colla di pesce 6 g;
  • Aroma di vaniglia;
  • Frutti di bosco;
  • Zucchero a velo;
Preparazione:
  1. Ponete in una ciotola ricolma d'acqua fredda la colla di pesce così da ammorbidirla.
  2. In un a bastardella montate i tuorli con lo zucchero sino ad ottenere un composto denso e spumoso. Nel frattempo, ponete a sobbollire in una casseruola il latte con l'aroma di vaniglia.
  3. Filtrate il latte e versatelo nella bastardella del composto d'uova e zucchero, mescolate e ponete il tutto in una nuova casseruola. Fate cuocere a fiamma bassa.
  4. Portate il tutto alla temperatura di 82° mescolando nel contempo senza sosta con una frusta.
  5. Togliete dal fuoco ed unite la gelatina in fogli debitamente strizzata e mescolate.
  6. Trasferite il composto in una ciotola e lasciate raffreddare. Una volta raffreddato, ponetelo ad una cottura a bagno maria incorporando man mano la panna montata dall'alto verso il basso.
  7. Fate amalgamare bene il composto e trasferitelo all'interno degli appositi stampi. Lasciate rassodare in frigo per almeno cinque ore.
  8. Una volta trascorso tale tempo, sformate e servite accompagnandolo con frutti di bosco freschi ed una spolverata di zucchero a velo. Buon appetito.
                                                                     -Scritto da A-


mercoledì 25 ottobre 2017

Lo spazio dello chef: Insetti al posto delle patatine?


Ebbene sì signore e signori, dal gennaio del prossimo anno nei supermercati di tutta Italia al fianco delle patatine fritte potrete trovare cavallette, vermi e molti altri succulenti insetti.


Non si tratta di uno scherzo bensì dell'approvazione dell'applicazione del nuovo regolamento dell'Unione Europea suoi "novel Food", ovvero sui nuovi ed alternativi alimenti. Alla sola lettura in molti staranno accapponando la pelle mentre altri si potranno dire incuriositi dalla vicenda, quello che è certo è che una nuova realtà sta per investire il nostro mondo occidentale.
Gli insetti sono da anni considerati la nuova frontiera dell'alimentazione, con piatti che in molte regioni orientali sono considerati vere e proprie delizie: dagli spiedini di grilli alle tarantole fritte passando per i millepiedi al forno.
La Coldiretti (la principale associazione italiana di rappresentanza e assistenza agricola) ha dato un assaggio di questo nuovo ed estraneo mondo al Forum internazionale dell'agricoltura di Cernobbio, proponendo ricette che hanno associato la tradizione nostrana con questi inusuali ingredienti. Una vera e propria innovazione, fortemente voluta e promossa dalla Fao (l'organizzazione Onu per l'alimentazione e l'agricoltura).
Secondo quest'ultima, il consumo di questa valida alternativa alimentare potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro la fame nel mondo.
D'altro canto ad oggi oltre due miliardi di persone fanno un regolare consumo di questi alimenti, giurando di come le proprietà organolettiche degli insetti non siano per nulla malvagie, anzi.
Resta un'unico dubbio allora: gli italiani sono ad ora pronti per una simile innovazione?

                                                                 -Scritto da A-

mercoledì 18 ottobre 2017

Lo spazio dello chef: i Dolci


Al giorno d'oggi i dolci e le preparazioni dolciarie sono un must a cui nessuno di noi riesce a resistere.


Nelle scorse settimane vi abbiamo proposto anche noi diverse ricette pronte a soddisfare il vostro bisogno di zucchero e golosità, ma quanti di voi sanno realmente cosa è un dolce?
O meglio, quanti di voi conoscono l'origine dei dolci e del loro utilizzo in cucina?

A livello culinario, l'etimologia dolce si riferisce a qualsiasi alimento che abbia come ingrediente di base lo zucchero od in alternativa ad esso il miele.
Essi sono soliti esser serviti alla fine di un lauto pasto ma non per questo è inusuale consumarli per merenda o a colazione.
Fanno parte di questa categoria alimentare i prodotti della pasticceria come le torte, i dolci al cucchiaio ed i biscotti, i prodotti della confetteria, i gelati ed i prodotti che hanno nel cacao il loro ingrediente fondamentale.

Ma quando è subentrata l'abitudine di consumare i prodotti dolciari alla fine dei pasti?
I primi a produrre e gustare i dolci furono gli antichi greci, i quali erano soliti consumare un prodotto definito Plakous, realizzato mediante l'utilizzo di ingredienti quali la farina d'avena, il miele ed il formaggio. Anche nella Roma imperiale era solito il consumo di dessert alla fine di ogni pasto.
Ciò detto, solamente nel corso degli ultimi quattro secoli la produzione di dolci si è andata ad espandere, questo grazie ad una maggior reperibilità d'ingredienti dolci come lo zucchero. Prima della sua scoperta l'elemento dolce si otteneva mediante derivazione dal mosto, dalla frutta e dal miele.
Il primo zucchero ad essere importato in Europa fu quello di canna, introdotto grazie alla dominazione araba. Solamente dopo la scoperta delle Americhe, lo zucchero diviene un ingrediente comune agli abitanti del vecchio continente, mentre la scoperta della barbabietola da zucchero, renderà in seguito l'Europa autonoma nella produzione di questo ingrediente essenziale per la produzione dolciaria, da lì in avanti sempre più consistente.

                                                                    -Scritto da A-


mercoledì 4 ottobre 2017

Lo spazio dello chef: il cibo nel passato


Ingredienti e cibi più o meno disparati, per diversi secoli, sono stati utilizzati dalle popolazioni non solo come comune mezzo di nutrizione.


Come studiato sin da piccini, prima dell'avvento delle monete si pagava mediante il baratto o l'utilizzo di elementi presenti in natura. Fra questi vi erano anche alimenti oggi assai comuni.
Quello che in pochi conoscono, è che sino ai giorni nostri determinati cibi hanno rappresentato una vera e propria moneta di scambio. 
Andiamo ora ad osservare quali.

Il Sale
Un alimento comune e ad oggi trovabile in tutti i supermercati a cifre abbordabilissime, all'epoca degli antichi romani veniva utilizzato come fonte di pagamento per i legionari.
E' da questo che prende origine la parola salario, derivante dal latino salarium, ovvero razione di sale. Questo alimento era impiegato come valuta anche in Cina e nell'Africa orientale. 

Il The
Ad oggi utilizzato comunemente come bevanda per una ricca, calda e sana colazione, in passato i mattoni di The venivano impiegati come moneta da parte di tribù cinesi, mongole, tibetane, siberiane e russe. Presso queste popolazioni, l'utilizzo del the come mezzo di scambio è perdurato sino all'avvento della seconda guerra mondiale. 

La Birra
Era il tempo dei faraoni quando questa gustosa bevanda era utilizzata per pagare la provvigione degli schiavi. Più recentemente, in seguito ad una vera e propria svalutazione della moneta, in Angola dagli anni ottanta sino ai primi anni duemila si è utilizzata questa dorata bevanda per far soldi. I dipendenti statali utilizzavano i buoni donatigli dal governo, per comperare birra straniera e rivenderla al mercato nero. Questa truffa allo stato consentì alla popolazione di fruttare cospicue somme di denaro contante.



La Frutta
Il gusto fresco e genuino della frutta è stato utilizzato come merce di scambio all'interno delle carceri giovanili inglesi. Vista la scarsa qualità del cibo servito nei penitenziari, i detenuti hanno fatto registrare una improvvisa richiesta di frutta.

Il Cacao
Come ampiamente visto la settimana scorsa, i semi di questa pianta "d'oro" sono sin dagli albori stati utilizzati come moneta di scambio.
I maggiori consumatori di questa moneta furono gli Aztechi, i quali consideravano la pianta che da origine al cioccolato una vera e propria ricchezza.

Il Parmigiano Reggiano
Quello che comunemente viene grattugiato ed utilizzato ogni giorno nelle case di tutti gli italiani e non solo, è stato utilizzato nei primi anni duemila come mezzo di garanzia per concedere prestiti.

                                                       -Scritto da A-


mercoledì 27 settembre 2017

Lo spazio dello chef: il Cioccolato


Dopo mesi di successo per questa fortunata rubrica, quest'oggi mi vorrei discostare dal solito standard a cui vi ho abituato.


Nelle settimane precedenti le numerose ricette da me proposte hanno stuzzicato la vostra fantasia, il vostro appetito e le vostre papille gustative ma quanti di voi conoscono realmente gli ingredienti atti ad ottenere le delizie da noi declamate?
Oggi giorno, sempre più spesso si sottovaluta l'importanza, la natura e la storia delle materie prime, indispensabili invece per la creazione di fantastiche bontà culinarie.
Per questo motivo, oggi non vi proporrò alcuna ricetta bensì cercherò di "decantare" le caratteristiche, le origini e la semplicità dietro cui si cela un'ingrediente apprezzato per essere essenziale e non solo per la realizzazione di una moltitudine di ricette della pasticceria nostrana ed internazionale: il Cioccolato.

Non vi annoieremo elencandovi come avviene la produzione del cioccolato ma proveremo a farvi "degustare" con il pensiero la bontà di questa specialità di origine Maya.
Diffuso oggigiorno a livello globale, il cioccolato è un ingrediente che si ottiene dalla lavorazione dei semi dell'albero del cacao. Questa pianta di antichissime origini (secondo studi botanici la sua comparsa risalirebbe a seimila anni or sono nella zona del Rio delle Amazzoni e dell'Orinoco) venne coltivata per la prima volta dai Maya che intorno al 1000 a.c. ne cominciarono a capire la commestibilità e la bontà. Coltivate nei territori dello Yucatàn, del Chiapas e lungo la costa pacifica del Guatemala, il cacao assunse per le popolazioni locali un significato importantissimo, tanto che per gli Indios i semi della pianta rappresentavano una tale ricchezza da esser scambiati come monete.
Ben presto pure la civiltà Azteca conobbe la bontà dei frutti di questa pianta e ne intraprese la coltivazione. Se i primi a iniziare la coltura del cacao furono i Maya, è merito degli Aztechi la produzione della cioccolata.


E' risaputo anche da chi meno conosce la storia, come il cioccolato giunse nel vecchio continente: è merito di Cristoforo Colombo infatti se questo prelibato frutto americano è giunto sino a noi. 
Quello che pochi conoscono è che non fu importato subito in Europa bensì il genovese dovette aspettare il suo quarto viaggio, avvenuto nel 1502, per conoscere il cacao ed importarlo. Tra il cinquecento ed il seicento il cioccolato raggiunse i diversi stati europei tra cui l'Italia. 
Qui il cioccolato conobbe una nuova notorietà venendo prodotto presso Torino, Firenze e Venezia. E' in particolar modo la città sabauda a rivendicare il ruolo di principale città europea produttrice di questo nettare degli dei: nel 1800 solo nel capoluogo piemontese venivano prodotti giornalmente 350 chilogrammi di cioccolata. Sempre qui vi è la creazione dei primi cioccolatini, inventati dal pasticcere Doret. E' invece di invenzione svizzera il conosciutissimo cioccolato al latte.

Il cioccolato è una delizia capace di conquistare i palati più raffinati come quelli di scrittori ( Leonardo Sciascia, Goethe, Alessandro Manzoni, Gabriele D'Annunzio), papi (papa Pio V su tutti), musicisti (Wolfgang Amadeus Mozart), re, regine ed imperatori (Luigi XV, Maria Antonietta).

Tuttora, la città italiana che detiene la maggior parte della produzione di cioccolato è Torino: solamente nella città sabauda nasce il 40% della cioccolateria nostrana, per un totale annuo di oltre 85000 tonnellate.
Oltre ad essere utilizzato per la produzione di budini, gelati e altre differenti preparazioni dolciarie, il cioccolato può esser prodotto artigianalmente utilizzando la pasta di cacao ed aromi naturali. Industrialmente viene prodotto miscelando il burro di cacao, i semi in polvere, lo zucchero e ingredienti facoltativi.


Recenti studi, hanno confermato che il consumo assiduo di cioccolato può creare dipendenza così come l'alcolismo. Altre ricerche dimostrano invece come un consumo quotidiano di questo ingrediente procuri un tale rilascio di endorfine da rendere migliore l'umore dei soggetti che ne facciano consumo: quasi un vero e proprio effetto curativo.

                                                           -Scritto da A-

mercoledì 20 settembre 2017

Lo spazio dello chef: la Cassata siciliana


Storia
Come suggerisce il nome, la Cassata siciliana è un prodotto tipico dell'arte pasticcera della Trinacria. 

Questo dolce, giunto a noi con la dominazione araba, altro non è che una torta assortita con ingredienti quali la pasta di mandorle, la ricotta, la frutta candita ed il pan di spagna. La semplicità degli ingredienti unita al contrasto tra gusti forti e tenui caratterizza la bontà della cassata, la quale può vantare differenti varianti locali in base alla zona in cui ci troviamo: da quella messinese leggermente meno dolce a quella siracusana che si differenzia dalle altre per l'assenza della caratteristica ricopertura di pasta di mandorle. Tuttavia tra le tante, quella maggiormente conosciuta a livello mondiale rimane quella palermitana.

Giunta a noi con gli arabi, i quali hanno anche avuto il merito di aver introdotto nell'isola numerosi nuovi ingredienti quali le mandorle e la canna da zucchero, questa squisitezza si è andata evolvendo nel corso degli anni. Dapprima cotta in forno e formata da un involucro di pasta frolla guarnito con ricotta zuccherata, con la creazione della pasta di mandorle (avvenuta in periodo normanno) questa andò a soppiantare la cottura e l'involucro di pasta frolla. La cassata ora creata a freddo, si arricchì di ingredienti quali i canditi ed il cioccolato una volta che gli spagnoli li importarono.
Prodotto esclusivo delle monache siciliane sino all'inzio del secolo scorso, questa squisitezza era solita esser consumata solamente nel periodo pasquale.

Curiosità
-La cassata rientra nei prodotti agroalimentari tradizionali italiani, i P.A.T.
-Esiste una variante più piccola di questo dolce denominata cassatina. Essa è più largamente consumata nelle regioni settentrionali del nostro bel paese.
-La decorazione con cui questa bontà viene ricoperta, è stata introdotta da Salvatore Gulì nella seconda metà dell'ottocento.
-Il nome della cassata deriva dall'arabo "Quas'at" ovvero scodella grande e tonda.
-L'apparente semplicità del dolce contrasta con la sua elevata difficoltà di realizzazione.

Ricetta

Ingredienti per 5 persone:

  • Gocce di cioccolato;
  • Ricotta 600 g;
  • Zucchero a velo 160 g;
  • Pan di spagna;
  • Acqua ;
  • Scorza di limone;
  • Liquore;
  • Frutta candita;
  • Marzapane 100 g;
  • Pasta di pistacchi 10 g;
Preparazione:
  1. La prima cosa che dovrete andare a comporre, se non lo avete già preacquistato pronto, sarà il pan di spagna.
  2. Sgocciolate la ricotta e ponetela in una bastardella dove andrete ad aggiungere lo zucchero a velo. Amalgamate e lasciate a riposo in frigorifero per una notte.
  3. L'indomani passate al setaccio la ricotta sino a che non otterrete una crema liscia e priva di grumi. Aggiungete le gocce di cioccolato e ponete in frigo.
  4. Andate a preparare la copertura del vostro dolce aggiungendo al marzapane la pasta di pistacchi. 
  5. Ponete sui lati di una tortiera dei rettangoli di pan di spagna e sul fondo della stessa un disco.
  6. Una volta completato il tutto, potrete andare a collocare all'interno il ripieno di ricotta andando a formare una cupola.
  7. Una volta effettuata questa operazione, sbriciolate il pan di spagna sulla sommità del dolce. Coprite con della pellicola e fate riposare in frigorifero per tre ore.
  8. Una volta che la cassata sarà ben compatta ricopritela interamente con il marzapane. Con acqua e zucchero ottenete una glassa che verserete sulla punta della vostra cupoletta e in cui andrete a fissare la frutta candita.
  9. Lasciate riposare e poi...buon appetito!!
                                                           -Scritto da A-