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martedì 6 febbraio 2018

I treni della morte


Dopo la tragedia di Pioltello in Lombardia, dove il cedimento di un binario ha fatto si che un treno della TrenNord uscisse dalla sede ferroviaria deragliando e provocando la morte di tre donne, oltre al ferimento di una quarantina di persone, sono ora gli Stati Uniti d'America a far parlare di sé.


Nelle prime ore del mattino del quattro febbraio 2018, nella rete ferroviaria a stelle e strisce qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto e la Carolina del Sud è così stata il teatro di un violentissimo scontro tra due differenti treni.
Il primo, della compagnia AmTrak, trasportava i pendolari verso la città di Lexington quando ha coinvolto un convoglio merci della compagnia CSX in un terribile incidente.
Avvenuto presso la piccola cittadina di Cayce, la disgrazia ha provocato il ferimento di almeno un centinaio di persone mentre il computo totale delle vittime è di due dipendenti della AmTrak, il conducente ed un ingegnere; dei centotrentanove viaggiatori miracolosamente nessuno ha perso la vita. 
Il treno passeggeri, partito da New York City era diretto a Miami e su di esso oltre ai pendolari vi erano otto membri dello staff AmTrak; ancora da chiarire le dinamiche del fatto nonostante da giorni le forze dell'ordine stiano svolgendo turni massacranti pur di apprendere il prima possibile la verità. Secondo le prime indiscrezioni pare che il convoglio con a bordo i pendolari fosse sul binario sbagliato ed in pochi attimi si è andati ad assistere alla tragedia: colpendo il treno merci, fermo in quel momento, il locomotore ed i primi vagoni del AmTrack sono deragliati.
E' il secondo incidente in pochi giorni che coinvolge le ferrovie degli States, dopo quello avvenuto in Virginia responsabile di aver causato una vittima.


-Scritto da A-

Spari contro i migranti: l'odio razziale investe Macerata


Ancora una volta l'odio razziale ed indiscriminato verso tutto ciò che, secondo i canoni odierni è differente a noi, ha visto il nostro Bel Paese protagonista. 


Nella mattinata di sabato tre febbraio, la cittadina di Macerata nelle Marche è stata il teatro di un'insulso raid razzista che ha coinvolto un ventottenne italiano, reo di aver sparato su una folla di persone di colore e capace di gettare nel panico una comunità intera.
Il colpevole, tale Luca Traini, era noto agli abitanti della zona per il suo essere apertamente simpatizzante di movimenti di estrema destra, oltre ad essere stato nel 2017 un ex candidato a consigliere del consiglio comunale di Corridonia per la Lega Nord.

La dinamica dei fatti, resa pubblica dai mass-media, ha visto il giovane uomo sparare dalla propria auto con un'arma da fuoco, regolarmente registrata, in direzione di un gruppo di giovani persone di origine africana. Scappato dal luogo della sparatoria, Traini avrebbe percorso un tratto di strada in automobile, precisamente sino a piazza della Vittoria. Qui, disceso dal mezzo, avrebbe scalato i gradini del Monumento ai Caduti sito nel cento del paese e dopo essersi avvolto in una bandiera tricolore avrebbe mostrato agli esterrefatti passanti il saluto fascista.
Una volta tratto in arresto dalle forza dell'ordine con l'accusa di tentato omicidio, il folle avrebbe dichiarato di aver compiuto il gesto per restituire "l'Italia agli italiani" e di non pentirsi affatto di quanto ultimato poco prima, perché era ciò che "doveva esser fatto".

Sono in tutto state sei le persone raggiunte dai colpi di pistola esplosi dalla pazzia dell'uomo, tutte di colore e di età compresa fra i ventuno ed i trentatre anni. La fortuna e la mira approssimativa del killer han fatto si che nessuno dei coinvolti sia ora in  pericolo di vita. Con lievi contusioni, ferite ma tanta, tanta paura, i cinque uomini e la donna interessati sono stati nelle scorse ore dimessi dagli ospedali di zona. 

Pronta e ferma la condanna da parte dello Stato italiano al gesto, dichiarato inconcepibile e disumano. L'aria tesa che si respira fra i differenti partiti politici non ha ostacolato la veemente reazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, il quale ha affermato come "odio e violenza non riusciranno a dividerci", rincarando la dose e confermando come delitti e gesti razziali verranno severamente perseguitati dalla giustizia nostrana.


-Scritto da A-


martedì 23 gennaio 2018

Il malessere che si cela dietro ad ogni studente univeristario


Gli anni della gioventù come ben saprete, pur accompagnati da studi liceali ed universitari più che intensi, sono gli anni migliori della nostra vita ma, a malincuore, ci duole dire che per il nostro Bel Paese tale detto non trova conferma.


Secondo una recente ricerca opportunamente portata a termine dalla Sodexo, azienda da sempre impegnata nel promuovere servizi atti a migliorare la qualità della vita, quasi il 40% degli studenti universitari italiani non è soddisfatto della propria esistenza. Un dato che, una volta ancora, certifica il malessere del mondo accademico nostrano, di lunga inferiore ai mondi che vivono quotidianamente i ragazzi del resto d'Europa. L'indagine svolta su oltre quattro mila universitari, ha riscontrato che nel nostro Bel Paese solo il 62% di chi ha intrapreso un percorso accademico è realmente soddisfatto dei propri standard di vita, a differenza di altri paesi nel mondo come l'India, dove il tasso di soddisfazione rasenta quasi la perfezione con il proprio 82%, la Gran Bretagna (75%), la Cina (76%) e la Spagna (70%).
Il dato riguardante i nostri connazionali, scende ulteriormente abbassandosi sino al 54% in base al tipo di percorso scolastico scelto. Come se tutto ciò non fosse sufficiente, nel vero senso della parola, ben il 36% degli italiani ha pensato almeno una volta all'abbandonare il percorso di studi per dedicarsi ad altro nella vita. I dati appena mostratici inducono noi tutti ad una attenta riflessione; in molti probabilmente, leggendo questo articolo, vi sarete immedesimati in quanto riportato mentre altri, avranno apertamente criticato chi, pur avendo la fortuna di proseguire con gli studi, non risulta affatto soddisfatto dei propri standard di vita. A noi non spetta il ruolo di giudici anzi, andando alla radice di questo malessere troviamo fattori come l'eccessivo carico di lavoro, la paura di non riuscire a trovare un'occupazione una volta conseguita la laurea e la mancanza di equilibrio tra lo studio e la socializzazione interpersonale.
Accademici italiani dunque, realisti o brontoloni?


-Scritto da A-

Papa Bergoglio, tra la commozione e le proteste


Meglio non avrebbe potuto concludersi il Viaggio Apostolico compiuto da Papa Francesco primo nelle terre latine del sud america.


L'itinerario che ha visto come sue tappe gli stati del Cile e del Perù, aveva avuto inizio lo scorso lunedì quindici gennaio e tra la commozione generale dei fedeli presenti ha avuto termine la domenica appena trascorsa. Papa Bergoglio, partito dalla sede vaticana con l'obbiettivo principale di condividere, tra le popolazioni meno abbienti (e non), un chiaro messaggio ispiratore, carico di speranza di vita e di pace, si è dovuto scontrare con la diffidenza delle popolazioni locali, non sempre benevole nei confronti del cattolicesimo. La Settimana di visita apostolica, è così stata un continuo alternarsi di veri e propri bagni di folla a pesanti e fuorvianti proteste.
Tra i momenti più significativi del viaggio, vanno certamente annoverati l'incontro con le popolazioni mapuche a Temuco, tenutosi mercoledì diciassette gennaio, e il primo incontro tra la massima figura clericale e la comunità dell'Amazzonia, appuntamento che ha avuto luogo il diciannove di gennaio con sede a Puerto Maldonado.
L'ultimo giorno che ha caratterizzato questo ventiduesimo viaggio internazionale di Papa Francesco, è senza alcun dubbio stato quello maggiormente carico d'emozione e significato. Dalla base aerea-militare di Las Palmas a Lima, capitale del Perù, il pontefice di fronte ad oltre un milione di fedeli (dati fatti pervenire dalle autorità peruviane competenti), ha concluso la sua "missione", prima di ripartire per la città del Vaticano, condannando apertamente la violenza sulle donne. Durante la messa, celebrata in omaggio della Virgen de la Puerta, il Santo Padre ha chiarito una volta ancora come sia compito d'ognuno di noi "combattere la piaga del femminicidio".

Nel frattempo che Sua Santità è tornato in possesso delle stanze papali, non accenna a placarsi la polemica conseguente all frasi di Bergoglio stesso riguardo al caso del vescovo Barros, accusato dai suoi stessi fedeli di aver coperto Fernando Karedima, accusato per abusi sessuali. Pur ammettendo i grossi sbagli ottemperati dal clero, reo di aver più volte nel corso della storia abusato di minori, il Papa si è schierato in difesa dell'accusato, chiarendo come non ci sia nessuna prova a sostegno della tesi dell'accusa. Una polemica destinata a far scalpore ancora a lungo per le strade vaticane, dell'america latina e non solo.


-Scritto da A-

martedì 16 gennaio 2018

Tristi e svogliati? La colpa è del Blue Monday


I lunedì come ben sappiamo sono i giorni più tristi della settimana, quelli che riportano i ragazzi sui banchi di scuola e gli adulti nelle rispettive postazioni lavorative. La giornata di ieri è stata però vissuta dai più con un velo di tristezza e malinconia maggiore e, a dir si voglia, quasi inspiegabile.


Beh, la colpa non è certamente stata vostra bensì del "Blue Monday", il giorno più triste dell'anno. La vostra apatia era dunque motivata, perché come ogni terzo lunedì del mese in corso è caduta la grigia ricorrenza.
Calcolata agli inizi degli anni duemila, per la precisione nel 2002, da uno psicologo dell'Università di Cardiff (tale Cliff Arnall) grazie ad una serie di particolari calcoli, la ricorrenza è divenuta in alcuni paesi un vero e proprio must, come ad esempio in Australia. Come registrato dal sondaggio effettuato dal "The Sidney Morning Herald", tre australiani su quattro temono fortemente il rientro sul posto di lavoro dopo le vacanze natalizie.
Ciò nonostante, l'equazione calcolata dallo psicologo scozzese, cela dietro di essa uno scopo il quale ha ben poco a che vedere con la scienza. Infatti, sembra che tale invenzione fosse stata architettata da una compagnia di viaggi intenta ad indurre il maggior numero di clientela possibile all'acquisizione e alla prenotazione di un pacchetto vacanze. 
Senza alcun dubbio però la ricorrenza è divenuta una vera e propria celebrazione negli ultimi anni, tanto che su Twitter ha spopolato nelle scorse ore l'hashtag #BlueMonday.  Giustificati da una particolare scoperta scientifica o meno, sta di fatto che il forte freddo, le giornate uggiose, il frettoloso rientro alla vita di tutti i giorni dopo gli agi del periodo natalizio e i debiti per lo shopping sfrenato delle ultime settimane di dicembre, ha innescato in ognuno di noi un cocktail di negatività e pessimismo esploso in concomitanza, guarda caso, del terzo lunedì di gennaio.

I rimedi per scongiurare questo sciagurato periodo? 
Fate attività motoria, coccolatevi, toglietevi qualche sfizio a tavola degustando magari la vostra portata preferita, approfittate dei saldi per comprarvi qualche capo d'abbigliamento da sogno, state in compagnia di amici e parenti ma soprattutto, prendete la vostra vita con naturalezza e con il sorriso sulle labbra.


-Scritto da A-

giovedì 11 gennaio 2018

Lo sport lì, dove mai alcun uomo era giunto prima


Agli occhi dei più, lo sport può apparire come un semplice intrattenimento, capace di attrarre a se masse di "pecoroni" pronti a idolatrare persone con abilità non comuni. Certamente dietro questa affermazione, vi è il fatto che il mondo sportivo riesce, soprattutto negli ultimi anni, a far girare in torno a se un business capace di fruttare milioni e milioni di dollari. 

Tutto ciò, si scontra spesso e volentieri con il fatto che compiere un'attività sportiva aiuta gli individui a vivere in maggior armonia con se stessi e con il proprio corpo. Altri ancora, riescono attraverso lo sport ad esprimere la parte migliore di loro stessi, mentre altri vedono in esso un'efficace metodo per evadere dal mondo corrente.
Quello che sicuramente non può esser messo in discussione è il fatto che, come altri aspetti della vita umana contemporanea, lo sport può incantare le masse o lasciarle indifferenti ma, oggi più che mai, non ci si venga a dire che esso non cambia la vita. Nel corso della storia, lo sport è stato capace di aiutare gli uomini, smussando le tensioni sociali e riavviando l'economia di interi paesi. La vicenda, della quale sicuramente avrete sentito disquisire nelle scorse giornate, raccontata da noi oggi, ha i connotati dell'impossibile.

I Giochi olimpici di PyeongChang
Come il copione vuole, dal nove febbraio prossimo si terranno presso la contea di PyeongChang i ventitreesimi Giochi olimpici invernali. La cittadina della Corea del Sud, fu scelta come città organizzatrice lo scorso 2011, quando la stessa sconfisse le contendenti Monaco di Baviera e Annecy. Le nazioni partecipanti saranno in totale trentanove e i rispettivi atleti si sfideranno in quindici discipline differenti. Nei libri di storia che, probabilmente studieranno i nostri figli e nipoti, queste Olimpiadi verranno sicuramente ricordate per l'avvicinamento, dopo anni di gelo, tra i governi delle due Coree, quella del Sud (organizzatrice dell'evento) e quella del Nord.

Un antico astio capace di dividere un territorio
Per tutti coloro disattenti durante le lezioni di storia, proveremo noi in breve a raccontarvi ciò che spinse le due Coree a dividersi, spezzando così un territorio in Nord e Sud.
Ancor prima dello scoppio della Grande Guerra, l'Impero giapponese annoverò fra i territori da esso dominati la Corea, resa libera solo grazie alla vittoria alleata avvenuta alla fine del secondo conflitto mondiale. La fine della sovranità nipponica, non pose termine alle sofferenze della penisola, occupata e frazionata da quel momento dalle due grandi potenze vincitrici dello scontro bellico: l'Urss e gli Stati Uniti.  Nonostante l'intento delle due nazioni fosse inizialmente quello di un protettorato atto a far nascere un nuovo governo coreano, esse riuscirono solamente nel solcare ancor più profondamente la divisione da loro stesse creata, stabilendo in ognuna delle due aree capi di governo differenti. 
La disgregazione ottemperata, peggiorò nel corso della guerra di Corea avvenuta tra il 1950 ed il 1953, alimentano gli attriti fra i diversi popoli tanto da dover costituire una zona demilitarizzata atta a salvaguardare l'incolumità degli abitanti. 
La Corea del Nord, di matrice socialista, subito dopo il conflitto interno si elevò a potenza economica, questo grazie soprattutto ad una serie di misure politiche isolazioniste. Per contro, a Sud si creò uno Stato filo-occidentale, destinato solo con il crollo dell'Unione Sovietica a divenire uno dei paesi maggiormente avanzati in campo economico, surclassando i "cugini" del nord, il cui sistema finanziario ed economico collassò.
Con l'avvento degli anni novanta, i contatti fra le due Coree per una possibile riunificazione aumentarono ma grossi passi in avanti non vennero mai registrati, sino all'arrivo del nuovo anno, portatore grazie anche alle Olimpiadi poc'anzi citate, di un vento di cambiamento. 

Verso una possibile riunificazione?

Ed è proprio grazie allo sport, e a questi imminenti Giochi olimpici, se i governi delle rispettive fazioni sono tornati dopo anni di astio e guerra fredda a parlarsi. 
Dopo una prima apertura del leader nordcoreano Kim Jong-un, datata primo gennaio 2018, dove lo stesso ammetteva la possibile partecipazione ai Giochi, nelle scorse ore sono arrivati segnali di un disgelo a dir poco strabilianti.
Dopo un fitto dialogo riappacificatore tenutosi nel villaggio di confine Panmunjom, il Nord Corea ha deciso di inviare una delegazione di "alto livello", comprensiva di funzionari d'alto rango, atleti, artisti, ecc... ai prossimi Giochi invernali, oltre a promettere ai rappresentanti del governo di Seul di sfilare congiuntamente in occasione della cerimonia di apertura e di chiusura delle Olimpiadi. Il vertice di qualche giorno fa, ha inoltre portato alla luce la decisione dei due governi di riaprire la "linea rossa" che porterà ad un'ulteriore e più approfondita comunicazione militare.
Una vera e propria rivoluzione sembra esser ora in atto, anche considerando le parole rilasciate dal leader sudcoreano Moon Jae-in, il quale ha definito i giochi "Una chance rivoluzionaria per migliorare i rapporti Sud-Nord e fondare la pace".
Forse ci siamo davvero, forse a settant'anni di distanza è finalmente giunto il momento del ricongiungimento.
Chiamatelo ancora intrattenimento se volete.


-Scritto da A- 

martedì 9 gennaio 2018

Ecco a voi il No Pants Day


Nella mattinata di ieri, uscendo di casa per recarvi in ufficio o a scuola, vi potrebbe esser capitato di assistere a qualcosa di alquanto particolare che, a primo acchito, avrete sicuramente classificato come "osceno" o "indecoroso".


La maggior parte di voi ha infatti ignorato e forse ancora adesso non ne è a conoscenza che, nella giornata di ieri si è celebrato in diverse città del globo (per la precisione sessanta) il "#NoPantsDay".
Conosciuta anche con il nome di "No Trousers on the Tube Day" o "No Pants Subway Ride", la festa consente agli individui che la celebrano di concedersi una giornata senza pantaloni. Solitamente festeggiata la prima settimana di maggio, quest'anno la speciale ricorrenza è caduta con qualche mese di anticipo, costringendo i migliaia di partecipanti a sfidare, oltre alle convenzioni sociali, anche il freddo ed il gelo di questi primi giorni di gennaio. Le persone che comunque hanno aderito in questo 2018 o negli anni precedenti alla giornata senza pantaloni, hanno agito come se il fatto di non indossare gli indumenti quali jeans, gonna, kilt, leggings, fosse all'ordine del giorno, rompendo così un vero e proprio clichè sociale e potendosi godere lo stupore sorgere sui volti dei passanti e dei turisti.
Nonostante in molti attribuiscono la nascita di questa "festa" agli anni ottanta, essa è più presumile che sia stata inventata solo a partire dal 1997. E' infatti, il Cavalierato di Buh dell'Università del Texas, che trova sede ad Austin, l'ideatore e principale organizzatore nonché divulgatore del No Pants Day. 


Secondo una particolare circolare dell'Università, l'evento è stato orchestrato con lo scopo di far godere alle persone della libertà di non indossare i pantaloni, scegliendo solitamente semplicissimi boxer per circolare fra le strade delle città aderenti all'iniziativa. Negli ultimi anni però, seppur i partecipanti alla kermesse siano in gran numero maggiori agli inizi, la celebrazione restringe il suo campo d'azione soprattutto all'interno delle metropolitane.
Ed è così che da New York a Berlino, da Parigi a Londra, migliaia di persone si sono potute divertire godendosi una bella corsa in metro semplicemente in mutande. L'appuntamento che ha fatto tappa anche in Italia, ha trovato nella città di Milano il suo punto d'incontro.


-Scritto da A-  

martedì 11 luglio 2017

Turchia: a migliaia in piazza contro Erdogan


Si è conclusa domenica ad Istanbul, con una manifestazione che ha coinvolto migliaia di persone, la "marcia per la giustizia".


L'iniziativa, promossa dalla principale forza d'opposizione politica al presidente Recep Tayyip Erdogan (il CHP), è partita dalla capitale turca Ankara venticinque giorni or sono ed ha ottenuto il massimo consenso nella metropoli sul Bosforo.
Qui, a migliaia hanno sfidato il presidente manifestando il loro dissenso e sventolando con fierezza la bandiera Turca.
Kemal Kilicdaroglu, leader del movimento CHP, ha organizzato questa riuscita forma di protesta per manifestare il proprio sdegno di fronte alla detenzione del deputato  Enis Berberoglu, condannato a venticinque anni di carcere per aver fornito agli organi di stampa informazioni ritenute riservate.
La manifestazione che presumibilmente rappresenta la prima di una lunga serie che verrà, si è dimostrata esser dal 2013 ad oggi, la più grande rappresentanza d'opposizione politica organizzata contro il governo al potere.

"Che nessuno pensi che questa sia l'ultima marcia": così ha aperto il proprio discorso Kemal Kilicdaroglu, definendo poi il nove luglio come la giornata della rinascita.
L'esponente di punta del partito d'opposizione, ha continuato spiegando come si sia manifestato per salvaguardare i diritti di tutti coloro che quotidianamente vengono oppressi dall'attuale maggioranza, denunciando come ad oggi "il potere giudiziario sia sotto il monopolio dell'esecutivo".

                                         -Scritto da A-


giovedì 6 luglio 2017

Che prezzo ha la vita umana?


Continua ininterrotta la polemica nei confronti del Great Ormond Street Hospital di Londra, i cui medici sono rei di voler interrompere i supporti vitali a Charlie Gard, bambino di appena dieci mesi affetto da una rara quanto gravissima malattia.



L'antefatto:
Charlie, nato lo scorso agosto, è un bambino affetto dalla mitocondriopatia: una malattia degenerativa ereditaria che colpisce i mitocondri (organelli presenti all'interno di ogni cellula responsabili di fornire l'energia necessaria alla vita della stessa) portandoli a non funzionare nel modo corretto.
Mantenuto in vita artificialmente da diversi mesi, i medici hanno constatato l'inefficacia di diverse terapie, assodando così che le possibilità di miglioramento del piccolo sono nulle e che anzi, col proseguire della malattia ci saranno ulteriori e dolorosi peggioramenti.
Chris Gard e Connie Yates genitori del bimbo, non si sono scoraggiati di fronte ai pareri dei medici ma anzi, hanno intrapreso le vie legali per far si che i sostentamenti vitali non vengano interrotti. 
Sono riusciti inoltre, grazie alla loro determinazione e alla generosità altrui, a racimolare una discreta somma di denaro (un milione e mezzo di dollari) per trasportare il figlioletto in America, convinti di poterlo curare.
Purtroppo, sia la Corte suprema del Regno Unito che la Corte europea dei diritti dell'uomo si sono espresse rigettando il ricorso dei giovani genitori, considerando dannoso per Charlie il prolungarsi delle cure o lo spostamento, sentenziando di fatto la morte del piccolo.
La vicenda, in poco tempo è divenuta un caso mediatico britannico e non solo; in molti si sono schierati giudicando inconcepibile una sentenza in netto contrasto con il desiderio dei genitori e con il senso comune dei valori umani.


La malattia:
La patologia di Charlie (riscontrata sino ad ora in soli altri sedici casi nel mondo), non presenta cure se non quelle atte a diminuire il dolore del paziente.
La mitocondriopatia non è una singola patologia, piuttosto si tratta d'un insieme di malattie genetiche che comportano una forte diminuzione del Dna mitocondriale. L'inefficacia di questi organelli  cellulari comporta come conseguenza il maggior consumo d'energia da parte di fegato, cervello e muscoli, sino a far si che non riescano più a funzionare nel modo corretto.
La trasmissione del gene responsabile può esser trasmessa sia da padre che da madre e i sintomi più comuni comportano debolezza muscolare, difficoltà d'accrescimento e problemi ad alimentarsi. 
Il piccolo inglese, incapace di vedere, sentire od emettere suoni, senza l'ausilio dei macchinari non riuscirebbe a continuare la propria vita.


Cosa ne pensa il mondo?
Nei giorni scorsi e ancora oggi si sono susseguiti pareri unanimi nel giudicare e criticare la decisione dei medici e dei vari tribunali.
Qui infatti non si  può parlare di accanimento terapeutico, come più volte citato dai medici a loro discolpa, bensì di salvare una giovane ed innocente vita umana.
Il pontefice intervenuto nei giorni scorsi con un twit emblematico ma privo di riferimenti  "difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d'amore che dio affida all'uomo", ha nelle ultime ore perso il suo classico aplomb, invitando i medici a rispettare la volontà e il desiderio dei genitori del piccolo.
In merito alla vicenda si sono esposti personaggi di spicco della politica italiana: da Matteo Renzi a Beppe Grillo passando per Matteo Salvini, che pur intervenendo con modi e toni differenti si sono uniti nel difendere questa giovane vita.
Dall'altra parte dell'oceano, il presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump, ha offerto il proprio appoggio alla famiglia Gard pur evitando di porre ulteriore sovraesposizione al caso.



Impossibile spostare Charlie
Il governo inglese, per mano del proprio ministro degli esteri Boris Johnson, ha cortesemente declinato l'offerta dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù e della propria direttrice Marinella Enoc (contattata in prima persona da Connie Yates madre del piccolo) di ricoverare presso la struttura italiana Charlie Gard. 
Dietro al rifiuto vi sarebbero ragioni legali che impedirebbero il governo di Sua Maestà ad accettare la proposta.
Contemporaneamente, una dura, durissima lettera di quaranta eurodeputati è pervenuta al Parlamento europeo. In suddetta missiva, i politici hanno espresso cordoglio e sostegno ai genitori e ai parenti del bambino, enunciando il loro sdegno e preoccupazione per un caso che infrange oltre al diritto alla vita i valori fondamentali del vecchio continente. Gli stessi sono poi rimasti interdetti dalla decisione giuridica intrapresa dal Regno Unito, criticandola apertamente quale colpevole di non assistere al meglio i propri concittadini.


Nel nostro piccolo, ci poniamo numerosi e differenti interrogativi i quali, come tutte le Grandi Domande, rimarranno privi di risposte. 
Quali ragioni legali possono mai esser più importanti della vita? 
Se la vita umana è un dono sacro e come tale dovrebbe esser rispettata e preservata, perché spesso le viene attribuito un volgare valore monetario?

                                                 -Scritto da A-


  

martedì 4 luglio 2017

Nuovo attentato nel centro di Damasco



La domenica siriana appena conclusasi è stata nuovamente segnata dal terrore e dalla paura.


L'autobomba esplosa nella centralissima piazza Tahreer ha provocato, secondo quanto rilasciato dalla televisione siriana, otto morti e dodici feriti.
Ben più grave il computo complessivo calcolato dall'ong Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui le vittime sarebbero almeno diciotto.
L'attentatore circondato dalle forze dell'ordine si è fatto esplodere provocando oltre alla propria morte quella di sette agenti.
Le autorità riportano che altre due autobombe sono state raggiunte e neutralizzate dalla polizia presso i posti di blocco all'ingresso della capitale.
I terroristi sono poi stati accompagnati in caserma mentre le autovetture sono state fatte brillare sotto il vigile occhio degli artificieri.
La Tv di stato, ha poi riferito di come le forze dell'ordine siano riuscite a neutralizzare i terroristi prima che questi giungessero sui rispettivi obbiettivi, reputati esser le zone più frequentate dalla popolazione al rientro in città dopo la festività del Eid al-Fitr.
Momentaneamente alcuna rivendicazione dell'attentato è stata pervenuta.

                                                -Scritto da A- 

martedì 27 giugno 2017

Oasis ti salva la vita!



Bishop Curry Junior è solamente un bambino texano di dieci anni ma la sua invenzione può portare a salvare numerose vite umane.



Studente di quinta elementare, Bishop ha inventato un dispositivo in grado di porre rimedio e salvare i bimbi malauguratamente dimenticati in auto. Oasis, così chiamato questo innovativo apparecchio rosa, percepisce  i cambiamenti di temperatura all'interno dell'automobile, ovviando a questo soffiando dell'aria fresca e contemporaneamente segnalando il pericolo alla polizia e ai genitori.
Il meccanismo dal giovane adolescente in attesa di brevetto, potrebbe porre finalmente rimedio alle troppe piccole vite spezzatesi perché dimenticate all'interno delle autovetture.
Una tragedia che spesso trova ribalta nelle pagine di cronaca e che nei soli Stati Uniti porta alla scomparsa di una media annuale di trentasette giovanissime vite umane.
L'ultimo eclatante caso in ordine temporale coinvolge il Texas, dove nella cittadina di Weatherford, una donna ha deliberatamente abbandonando i propri figlioletti di sedici e ventiquattro mesi all'interno della propria automobile. Lo sconsiderato gesto maturato come punizione ai capricci dei due, ha provocato la morte degli stessi e l'arresto della madre.
Oasis è solo un prototipo ma calorosamente ci uniamo alla speranza dei Curry che presto ciò possa esser brevettato per ovviare una volte per tutte a queste terribili tragedie.

                                                  -Scritto da A-

Gran Bretagna: sono più di 60 gli edifici insicuri



Proseguono ininterrottamente nella capitale britannica e in tutto il territorio di Sua Maestà le verifiche di sicurezza, volute dal governo May su blocchi residenziali considerati a rischio; ciò a seguito della tragedia occorsa alla Grenfell Tower il quattordici giugno scorso, ove settantanove vite umane scomparvero a seguito di un brutale incendio divampato per un corto circuito e capace in pochi minuti di risucchiare l'intero grattacielo (come da noi ampiamente documentato la scorsa settimana in: Londra, una città senza pace).


Secondo quanto emerso dai controlli anti-incendio, sarebbero una sessantina i grattacieli britannici a rischio perché privi delle adeguate misure di sicurezza.
I controlli hanno interessato oltre alla Capitale, città come Manchester, Norwich, Doncaster e Plymouth, individuando come oggetto di rischio il rivestimento isolante delle facciate altamente infiammabile.
Le autorità britanniche ancora impegnate nello sgombero dei residenti di alcuni appartamenti, dove vi sono state riscontrate gravi carenze in materia di sicurezza, fanno sapere che almeno altri seicento complessi abitabili saranno posti ad ispezione per prevenire altre catastrofi.
Tutti i servizi anti incendio e i residenti saranno poi informati costantemente sui risultati ottenuti dai test.

                                                   -Scritto da A-


martedì 20 giugno 2017

Londra: una città senza pace



E' passata appena una settimana dalla terribile tragedia alla Grenfell Tower di Londra, che è costata la vita tra vittime e dispersi a più di 79 persone.
L'incendio, divampato poco prima dell'una di notte (ora locale) del 14 giugno scorso, ha in poco più di 20 minuti avvolto nelle fiamme l'intero grattacelo rendendo vano l'intervento sul posto dei vigili del fuoco, nonostante giunti in più di duecento unità per domare le fiamme.

Situato nel quartiere di Nord Kensington, il palazzo residenziale eretto nel 1974, era stato più volte oggetto di critiche da parte dei condomini per le scarse misure di sicurezza presenti e per l'utilizzo nella costruzione di materiali di scarsa qualità.
Mai ascoltati e smentiti dalle rassicurazioni post ispezione, ora i residenti avranno giustizia in seguito all'indagine aperta e voluta in prima persona dal premier britannico Theresa May e dal sindaco di Londra Sadiq khan.

In una città ancor scossa dagli avvenimenti sopra citati e alimentata da sentimentalismi d'odio e rancore verso le popolazioni islamiche, si è consumata un 'altra pagina di terrore e paura.
Un furgone si è infatti abbattuto nella tarda serata di domenica su una folla di fedeli al termine del Ramadan.
Il fatto, avvenuto nei pressi di una moschea situata nel nord della capitale britannica (nel borgo di Haringey), ha tolto la vita ad un fedele e portato al ferimento di altri otto.
La polizia, intervenuta sul posto poco dopo la mezzanotte, ha prelevato l'uomo quarantottenne scortandolo in questura per accertamenti e ulteriori indagini.
Secondo le testimonianze, l'estremista avrebbe inneggiato contro i mussulmani, scagliandosi su di loro con violenza dopo aver provato ad investirli. L'uomo fermato dapprima dalla folla si è salvato dal linciaggio grazie all'iman della moschea di Finsbury Park, che lo ha protetto sino all'arrivo di Scotland Yard.



La stessa ha rilasciato nelle scorse ore dichiarazioni secondo cui l'uomo ha agito da solo, privo di complici come inizialmente supposto. La polizia ha continuato esortando i cittadini a "restar uniti contro gli estremisti, qualunque sia la loro ragione".
Un atto che alimenta ancor di più una psicosi incontrollata da terrorismo.
Un vile attacco alla vita umana ,colpita nuovamente con forza dopo gli attacchi di Westminster, London Bridge e Manchester.

Impaurita, scossa dai recenti avvenimenti e mal supportata da un governo che, all'indomani del voto, stenta a prender forma, la Gran Bretagna per volere della propria premier Theresa May, ha iniziato ufficialmente ieri i trattati per il divorzio dall'Unione europea.
A Bruxelles, il governo britannico, dato in agonia da numerosi esponenti e privo ancor del voto di fiducia, darà il via ad una separazione dura e rigida che porterà il paese d'oltre Manica non solo ad abbandonare l'UE ma anche il mercato unico e l'unione doganale europea.

                                      -Scritto da A-

martedì 13 giugno 2017

Amsterdam: auto travolge i passanti ma non è terrorismo




Ammettiamolo, chi più chi meno siamo tutti contagiati dalla psicosi portata dai recenti e sempre più massicci attacchi terroristici subiti dal Vecchio Continente e non solo.



E' così, quando sabato sera un'auto si è scagliata contro la folla davanti alla stazione centrale di Amsterdam, l'opinione pubblica locale ed europea ha subito ricollegato l'accaduto alle tragedie di Nizza, Londra e Berlino.
Fortunatamente, in questa situazione l'Isis non è stata protagonista in quanto l'accaduto sarebbe da imputare ad un incidente.
Secondo le ricostruzioni, la persona alla guida della macchina (una Peugeot 206 nera Cabrio) si sarebbe lasciata prendere dal panico all'avvicinarsi dalle forze dell'ordine, in quanto sostava in una parte della piazza il cui accesso non è consentito.
Così in un attimo di raptus, avrebbe messo in moto la vettura, accelerando e investendo i passanti, per poi concludere la propria corsa contro un muro.
La persona alla guida, tratta in arreso dalla polizia locale, ha causato il ferimento di otto persone, due delle quali verserebbero in gravi condizioni.

                                                 -Scritto da A-

martedì 6 giugno 2017

Londra ancora sotto scacco



L'ombra lunga del terrorismo è calata nuovamente sull'Europa.
Mentre l'attenzione mediatica e degli organi di sicurezza era concentrata in Galles, a Cardiff sede della finale di Uefa Champions League, il Califfato mediante i propri "combattenti" ha seminato il panico nella capitale inglese.
L'attacco, avvenuto pochi istanti dopo le ventidue di sabato, ha mietuto sette vittime e causato quarantotto feriti, di cui almeno una ventina verserebbero in gravi condizioni.



L'attentato è iniziato sul London Bridge (icona della metropoli inglese), dove un pulmino noleggiato con poche sterline ha falciato numerosi passanti. Da questo sarebbero poi scesi tre jihadisti, che al grido di "questo è per Allah", avrebbero accoltellato e sgozzato diversi civili e turisti intorno alle strade e dentro alcuni locali del Borough Market, centro della vita agiata dei londinesi.
tre attentatori sono stati infine raggiunti e freddati dalla polizia; l'intera operazione si è svolta e conclusa in appena otto minuti, grazie alla rapidità d'intervento delle forze dell'ordine londinesi, le quali hanno così impedito un bilancio ben più pesante.
Solo nella serata di domenica cinque giugno, Amaq (l'organo di stampa dell'Isis), ha rivendicato l'azione terroristica.
Sempre nella stessa giornata, subito dopo il riconoscimento dei vili assalitori, Scotland Yard ha dato il via ad una serie di raid che hanno portato al fermo di quattordici persone.
Solamente nella serata di ieri è stata resa pubblica agli organi di stampa l'identità degli jihadisti: Khuram Butt e Rachid Redouane, da tempo conosciuti dalle forze dell'ordine.
Butt comparirebbe infatti in un documentario promosso da Channel 4, e come se ciò non fosse abbastanza, sarebbe stato denunciato da una donna italiana un paio d'anni fa.
Assume nome e cognome la prima vittima identificata dell'attacco: si tratta della canadese Christine Archibald di appena trentuno anni, trasferitasi in Inghilterra per seguire il fidanzato.




La May attacca: "il troppo è troppo"
La premier britannica Theresa May, in seguito agli attacchi di sabato scorso avvenuti a Londra, è intervenuta confermando il regolare svolgimento delle elezioni legislative previsto per giovedì otto giugno, ribadendo il concetto secondo cui la gente deve tornare a vivere senza paura.
La stessa May ha dichiarato, come siano fondamentali oggi più che mai, accordi internazionali atti a contrastare ed arginare la diffusione mediatica del terrorismo, puntando poi il dito contro l'estremismo islamico, vero autore degli attacchi.

Qatar isolato
Contestualmente ai sempre più feroci attacchi terroristici avvenuti recentemente nel Vecchio Continente, Arabia Saudita, Yemen, Egitto, Emirati Arabi e Bahrain hanno posto fine ai rapporti diplomatici col governo di Doha, imputandogli di sostenere il terrorismo e di finanziare gruppi di ribelli iraniani con l'intenzione di generare caos. Cresce e si alimenta così la tensione fra i paesi del golfo.
I cinque paesi citati poc'anzi non hanno solamente interrotto le relazioni diplomatiche, bensì hanno isolato geograficamente il Qatar, sospendendo i collegamenti aerei e marittimi.
Come se ciò non fosse abbastanza, l'Arabia saudita, unico paese confinante con lo stato peninsulare, ha confermato la chiusura delle frontiere.



OneLoveManchester
Iniziato in un clima surreale, sotto una cortina di terrore e tra misure di sicurezza estreme a seguito degli attacchi Jihadisti alla capitale inglese, si è svolto all'Old Trafford di Manchester il concerto One Love di Ariana Grande.
Realizzato in memoria delle vittime del ventidue maggio scorso, quando un terrorista si fece esplodere alla conclusione del concerto della pop star americana, provocando la morte di ventitré persone (in maggioranza giovanissimi), il concerto ha saputo smorzare la tensione, facendo concludere lo stesso fra i sorrisi e il divertimento.
Protagonisti della serata, oltre alla già citata giovane pop star, Miley Cyrus, Katy Perry, Justin Bieber, Liam Gallagher, i Coldplay e i Black i Pieces.

                                  -Scritto da A-