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martedì 7 novembre 2017

In Sicilia vince il Centrodestra!


Alla fine a spuntarla è stato proprio Nello Musumeci, candidato di centodestra, con il 40%.
Secondo, sebbene il partito di cui fa parte sia stato votato come primo partito, il rappresentante del Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri con il 34,6%.
Ovviamente il progetto di coalizioni ha nettamente favorito il nuovo governatore della Sicilia.
Infine arriva terzo col 18,6% dei voti totali il candidato di centrosinistra, Fabrizio Micari.


Nello Musumeci
(Immagine presa dal Sito Ufficiale www.lastampa.it)

Il M5S e Forza Italia scendono in piazza a festeggiare e a prendersi gli onori della vittoria. Confermando che la lotta politica futura, di cui le regionali della Sicilia sono state un importante campo di prova, vedranno fronteggiarsi questi due partiti e dati alla mano confermano la diminuzione dei consensi da parte della popolazione per il PD, dopo l'ultimo governo saltato.


Un bellissimo scorcio dell'isola siciliana

Ora cerchiamo di togliere le bottiglie di vino e i fazzoletti, onore ai vincitori e ai vinti, ma adesso bisogna occuparsi di far tornare a splendere una regione ricca e prospera come la Sicilia coi fatti, dando credito alle parole spese durante la campagna elettorale.

Scritto da L.

martedì 26 settembre 2017

Tutti contro il Tycoon


Sin dalla sua elezione, si era capito come il presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump non avrebbe goduto della simpatia della maggior parte del popolo americano.

I continui scontri mediateci con Kim Jong-Un (dittatore nordcoreano), le intromissioni nella politica estera internazionale, le apparenti associazioni a movimenti razziali e l'abolizione di norme utili ed intelligenti delle amministrazioni precedenti, uniti ad una politica irrispettosa nei confronti dei meno abbienti, hanno sancito una profonda frattura fra il tycoon e gli statunitensi.
Secondo un sondaggio condotto dall'Abc/Washington Post, solamente il 39% della popolazione approverebbe l'operato dell'attuale presidente: da oltre sessantanni non si registrava un tale indice di impopolarità. Per meglio capire, era dalla presidenza di Harry Truman che la popolarità di un presidente degli Stati Uniti non era così in ribasso. 
Sempre secondo il sondaggio, il 59% dei detrattori non crede nella politica di cambiamento promessa da Trump, mentre soltanto il 28% della popolazione crede che il tycoon possa unire il paese. In ultimo ma non meno significativo l'indice al 66% che vede in Donald un leader capace solamente di dividere l'opinione pubblica.
Ciò nonostante il settantunenne continua per la sua strada, noncurante dei giudizi ed innescando, se ancor non c'è ne fossero state abbastanza, l'ennesima polemica.

Trump e lo sport: guerra fredda
Tra lo sport americano ed il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti è ormai guerra.
Infuria la polemica dopo che il Tycoon aveva utilizzato parole di fuoco per criticare gli sportivi americani rei di essersi inginocchiati durante l'inno in segno di protesta contro il razzismo dilagante negli States ("non vi piacerebbe vedere il proprietario di una squadra di football americano, quando qualcuno non rispetta la nostra bandiera, dire: 'Portate quel figlio di p... fuori dal campo, è licenziato").
La pronta risposta da parte del mondo sportivo non si è fatta attendere a lungo e così durante la scorsa giornata di campionato, nella sfida tra i Jacksonville Jaguars ed i Baltimore Ravens, i campioni di entrambe le compagini si sono inginocchiati in segno di sdegno, appoggiati dalle proprietà che si sono strette al fianco dei propri tesserati. La stessa scena si è poi ammirata su tutti i campi in cui si è giocato.
E se Donald Trump tuona su twitter tutto il suo disgusto, definendo il gesto inaccettabile, i vertici della NFL si uniscono nel contrastare la politica di divisione messa in atto dal presidente.
"Ora licenziateci tutti!" così tuonano i campioni di football, di basket e di Baseball: la guerra fredda è ormai cominciata e siamo certi non finirà presto.


Il mondo dello spettacolo si unisce alla protesta
Come se Donald Trump non avesse abbastanza detrattori, si uniscono alla lunga lista diverse personalità di spicco del mondo dello spettacolo americano.
Da Stevie Wonder a Pharrell Williams passando per il front man dei Pearl Jam Eddie Vedder, tutti si uniscono alla protesta che dilaga nel mondo dello sport e non solo nei confronti del presidente statunitense. La protesta negli ultimi giorni si sta espandendo, ingigantendo la propria ombra sopra la presidenza Trump.
Tutti uniti, tutti concordi nel dar contro alla disfattistica politica tycooniana.

                                                           -Scritto da A-

venerdì 11 agosto 2017

House of Cards - Gli Intrighi del Potere


(Immagine presa dal Sito Ufficiale www.comingsoon.it)

Trama: l'esperto democratico eletto e capogruppo di maggioranza della Camera al Congresso Americano Frank Underwood è il protagonista di questa vera e propria vendetta personale, contro l'uomo che ha aiutato a diventare il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Il neo proprietario della Casa Bianca però è venuto meno alla sua parola, non garantendo il posto di Segretario di Stato a Frank.
Con l'aiuto della moglie Claire, della promettente giovane giornalista Zoe Barnes e la sua spalla destra Doug riuscirà a far cadere ad una a una tutte le certezze del neo eletto, manipolando e utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione, per arrivare a toccare con mano quel potere tanto ambito.

Ideatore: Beau Willimon, che prende il soggetto e la trama della storia dall'omonimo romanzo di Michael Dobbs e dalla mini serie tv inglese degli anni 70, firmata Andrew Davis.

Anno: nel 2013 andò in onda la prima stagione, attualmente è in corso la registrazione della quinta stagione, targata come tutte le altre Netflix.

Genere: drammatico, politico, thriller.


Kevin Spacey nei panni del politico Frank Underwood
(Immagine presa dal Sito Ufficiale www.comingsoon.it)


Interpreti: Kevin Spacey (Frank Underwood), Robin Wright (Claire Underwood), Kate Mara (Zoe Barnes), Michael Kelly (Douglas "Doug" Stamper), Corey Stoll (Peter Russo), Michael Gill (Garrett Walker, Presidente Usa).

Commento: una serie che consacra ulteriormente (ce n'era bisogno?) l'attore Kevin Spacey, interpretazione di un politico capace di estorcere e di ottenere quello che vuole sia diplomaticamente che non. Quando Frank Underwood rompe la quarta parete e parla direttamente col pubblico, facendo vedere solo a noi quello che gli frulla nella testa e quello che ha intenzione di fare.

Le due parole che meglio descrivono questa serie sono suspence e potere, un binomio che si sposa in modo perfetto in questa serie.
La rappresentazione del mondo politico è colma di clichè tipici dal genere, ma bisogna ammettere che forse non differisce tanto dalla realtà.

Applausi da fare anche alla fotografia e alle colonne sonore che riescono a creare delle istantanee di Washington che rimangono in maniera indelebile nello spettatore.

Una serie che col tempo perde un po, ma le prime serie sono come un buon bicchiere di vino invecchiato dentro una rinomata cantina delle Langhe.

Scritto da L.

martedì 18 luglio 2017

Chiusura del Brennero: puntata III



(Panorama di Vienna, capitale dell'Austria)

Ennesima minaccia da parte dell'Austria sulla chiusura delle frontiere, in particolar modo di quelle del Brennero. Per il presunto aumento di migranti irregolari, accusati di entrare in territorio austriaco illegalmente.

Il Ministro degli Interni, Wolfgang Sobotka ha riportato in un'intervista alla Bild, la minaccia di chiusura delle frontiere con inevitabile aumento di controlli e presenze militari sui confini.

Questa dichiarazione nasce in risposta ad un'articolo del Times, dove si ipotizzava che l'Italia volesse concedere a ben 200 mila migranti un visto temporaneo per permettergli di entrare in Europa e soprattutto per mettere pressione politica agli altri Stati membri dell'UE, riguardo al tema in questione.

Il viceministro degli esteri italiano, Mario Giro, non ha fatto attendere la sua risposta, dichiarando che questo notizie sono del tutto surreali e le minacce austriache dovrebbero diminuire per evitare di incrinare gli ottimi rapporti tra i due stati.

In più si aggiunge un'elemento importante e utile come chiave di lettura degli eventi sopra citati, il fatto che nell'ottobre di quest'anno avrà luogo il voto in Austria.
Infatti attualmente l'ex stato asburgico è in piena campagna elettorale e spesso alcuni esponenti utilizzano il tema dei migranti per ottenere visibilità e assicurarsi voti.

Vedremo se si aggiungerà un altro capitolo a questa storia o se a campagne finite, il tutto si acquieterà.

Scritto da L.

martedì 20 giugno 2017

Macron: maggioranza assoluta all'Assemblèe National



Le elezioni legislative francesi si sono concluse così come alla vigilia si era pronosticato.

Il secondo turno andato in  scena domenica diciotto giugno, ha regalato al movimento En Marche! di Emmanuel Macron trecentocinquanta seggi (di cui quarantadue procurati dall'alleato MoDem). Una vittoria nitida ma non schiacciante.
I repubblicani rimangono e si attestano come seconda forza politica della nazione, conquistando "ben" centotrenta seggi. 
Decimati ma ancora presenti i socialisti, che dati per scomparsi in un primo momento riescono a far propri una cinquantina di seggi. Nonostante ciò Jean-Christophe Cambedelis, ha annunciato le proprie dimissioni dalla segreteria del partito, fermo della propria convinzione che ad oggi bisogna inaugurare un nuovo ciclo politico per dar nuova linfa e vitalità alla sinistra, mai apparsa nella propria storia così in crisi.
Storico risultato per Marine Le Pen, la quale per la prima volta mette piede in parlamento, centrando così un risultato storico che per ben due volte in passato le era sfuggito.
Chiara la volontà espressa dai cittadini francesi andati alle urne, i quali hanno garantito appoggio e maggioranza al partito del neo-eletto predente della repubblica.
Astensione mai così alta in Francia, dove nella giornata di voto si è assestata intorno al cinquantasette percento.

                                       -Scritto da A-

Londra: una città senza pace



E' passata appena una settimana dalla terribile tragedia alla Grenfell Tower di Londra, che è costata la vita tra vittime e dispersi a più di 79 persone.
L'incendio, divampato poco prima dell'una di notte (ora locale) del 14 giugno scorso, ha in poco più di 20 minuti avvolto nelle fiamme l'intero grattacelo rendendo vano l'intervento sul posto dei vigili del fuoco, nonostante giunti in più di duecento unità per domare le fiamme.

Situato nel quartiere di Nord Kensington, il palazzo residenziale eretto nel 1974, era stato più volte oggetto di critiche da parte dei condomini per le scarse misure di sicurezza presenti e per l'utilizzo nella costruzione di materiali di scarsa qualità.
Mai ascoltati e smentiti dalle rassicurazioni post ispezione, ora i residenti avranno giustizia in seguito all'indagine aperta e voluta in prima persona dal premier britannico Theresa May e dal sindaco di Londra Sadiq khan.

In una città ancor scossa dagli avvenimenti sopra citati e alimentata da sentimentalismi d'odio e rancore verso le popolazioni islamiche, si è consumata un 'altra pagina di terrore e paura.
Un furgone si è infatti abbattuto nella tarda serata di domenica su una folla di fedeli al termine del Ramadan.
Il fatto, avvenuto nei pressi di una moschea situata nel nord della capitale britannica (nel borgo di Haringey), ha tolto la vita ad un fedele e portato al ferimento di altri otto.
La polizia, intervenuta sul posto poco dopo la mezzanotte, ha prelevato l'uomo quarantottenne scortandolo in questura per accertamenti e ulteriori indagini.
Secondo le testimonianze, l'estremista avrebbe inneggiato contro i mussulmani, scagliandosi su di loro con violenza dopo aver provato ad investirli. L'uomo fermato dapprima dalla folla si è salvato dal linciaggio grazie all'iman della moschea di Finsbury Park, che lo ha protetto sino all'arrivo di Scotland Yard.



La stessa ha rilasciato nelle scorse ore dichiarazioni secondo cui l'uomo ha agito da solo, privo di complici come inizialmente supposto. La polizia ha continuato esortando i cittadini a "restar uniti contro gli estremisti, qualunque sia la loro ragione".
Un atto che alimenta ancor di più una psicosi incontrollata da terrorismo.
Un vile attacco alla vita umana ,colpita nuovamente con forza dopo gli attacchi di Westminster, London Bridge e Manchester.

Impaurita, scossa dai recenti avvenimenti e mal supportata da un governo che, all'indomani del voto, stenta a prender forma, la Gran Bretagna per volere della propria premier Theresa May, ha iniziato ufficialmente ieri i trattati per il divorzio dall'Unione europea.
A Bruxelles, il governo britannico, dato in agonia da numerosi esponenti e privo ancor del voto di fiducia, darà il via ad una separazione dura e rigida che porterà il paese d'oltre Manica non solo ad abbandonare l'UE ma anche il mercato unico e l'unione doganale europea.

                                      -Scritto da A-

martedì 13 giugno 2017

Francia: il flop delle elezioni legislative




L'astensione record dalle urne, attestata intorno al 50,5%, ha segnato i risultati del primo turno delle elezioni legislative di Francia.



In un clima segnato dai recenti attacchi terroristici, la sicurezza prevista per l'evento è stata maniacale, con più di cinquantamila poliziotti e gendarmi mobilitati per provvedere alla sicurezza dei seggi elettorali. 
Il partito En Marche! del neoeletto presidente della repubblica Emmanuel Macron, ha trionfato con più del 32% dei voti, conquistando dai quattrocentoquindici ai quattrocentoquarantacinque seggi.
Crolla rispetto alle elezioni presidenziali, il Front National di Marinne Le Pen, che col 13,1% dei voti avrebbe diritto ad un massimo di quattro seggi.
Figurano al secondo posto i repubblicani che, con quasi il 21% dei voti, puntano ad un secondo turno favorevole che garantirebbe loro una cifra superiore agli ottanta seggi.
Malissimo il  partito socialista di Hamon, che con il solo 9% dei voti realizza il peggior risultato della propria storia. Una sconfitta senza precedenti per la sinistra francese.
I seggi chiusi dalle 20 di domenica 11 giugno, si riapriranno per il secondo e conclusivo turno il prossimo 18 giugno, quando i francesi saranno richiamati alle urne.

                                             -Scritto da A-

martedì 30 maggio 2017

G7 a Taormina: il summit della discordia



Il 26 e il 27 maggio scorsi, presso il Palacongressi di Taormina in provincia di Messina, si è svolto il quarantatreesimo vertice G7, in formato ridotto per la quarta volta consecutiva dopo la sospensione della Russia dal G8, avvenuta nel 2014.



La scelta della sede, annunciata a metà 2016 dall'ex presidente del consiglio Matteo Renzi, è ricaduta su questa città della Sicilia con un duplice intento: tener viva la questione migranti (sensibilizzando così l'opinione pubblica mondiale) E cancellare i pregiudizi di alcuni leder economici e non nei confronti della Trinacria.
Il vertice presieduto dal Premier italiano Paolo Gentiloni, alla prima partecipazione in questo tipo di vertice, si è concluso lasciandosi alle spalle numerosi punti interrogativi.
Il concetto espresso dal Presidente del consiglio Gentiloni (secondo cui la valenza di questo vertice sta nel mantenere un sistema di governace globale), coccia con la difficoltà nell'affrontare spigolose questioni internazionali senza l'appoggio di paesi come la Cina, la Russia e l'India, messi attualmente al bando.
Coinvolti all'interno del quarantatreesimo vertice G7 i capi di stato di Tunisia,Nigeria, Kenia, Niger ed Etiopia.

Nonostante le difficoltà emerse nei giorni di lavoro, il vertice ha disquisito a lungo sui seguenti argomenti:


  • Cambiamenti climatici;
  • Lotta al terrorismo;
  • Impegno nel combattere il protezionismo, mantenendo dunque i mercati globali aperi;
  • Diritto d'ogni stato di gestire i propri confini, stabilendo politiche sui flussi migratori nell'interesse della sicurezza interna nazionale;
  • Supporto al governo ucraino relativo all'annessione della Crimea da parte dello stato sovietico;
  • Impegno nel contrastare il programma nucleare nordcoreano;

I risultati ottenuti dal summit sono a molti apparsi insoddisfacenti; nei giorni scorsi si sono moltiplicati gli appelli della società civile ai sette grandi potenti della Terra riguardo temi come la lotta alla povertà, le diseguaglianze, l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati e la sicurezza alimentare.
Duri scontri si sono susseguiti nei pressi dei giardini Naxos, dove i manifestanti sono venuti allo scontro con le forze dell'ordine.
La speranza globale si sposta ora al G20 d'Amburgo, dove i temi rimasti senza soluzione verranno nuovamente affrontati, sperando in una conclusione alternativa.

                                           -Scritto da A-

mercoledì 3 maggio 2017

Renzi: il PD è di nuovo tuo




Con oltre il 70% dei voti, Matteo Renzi si riprende la segreteria del Partito Democratico surclassando i rivali Michele Emiliano e Andrea Orlando, fermatisi rispettivamente al 10,54% e al 19,50%.
Un estasiato nuovo segretario del PD, ha aperto il discorso di ringraziamento affiancato dai suoi fedelissimi (Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Dario Franceschini, Piero Fassino, Lorenzo Guerini) asserendo che la vittoria sia non solo sua ma di tutto il partito, conscio del buon lavoro svolto fino ad ora con le riforme proposte negli ultimi anni.
Ringraziati gli oltre due milioni di cittadini votanti, nettamente maggiori rispetto alle attese ma comunque in calo rispetto ai tre milioni del 2013.
Non sono comunque mancate polemiche e contestazioni, in particolare a Nardò e a Gela dove il voto è stato sospeso per irregolarità.
Interessante quello che è avvenuto nella cittadina di Minori, dove è stato aperto un fondo cassa per dare la possibilità di voto ai cittadini senza il versamento dei due euro pattuiti per il voto.
In serata sono poi arrivate le parole degli sconfitti, uniti nell'affermare che ora dovrà iniziare la rifondazione di un centrosinistra mai come ora in crisi, e di come ciò coinvolgerà vincitori e vinti.

                                              -Scritto da A-

mercoledì 26 aprile 2017

Macron vs. Le Pen: volata verso l'Eliseo





Domenica non comune quella appena trascorsa per i cittadini francesi, chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali.

Alla chiusura dei seggi, lo spoglio dei voti ha sancito la sconfitta politica dei socialisti (centro-sinistra) e dei repubblicani (centro-destra), ovvero i partiti "storici" che hanno guidato il paese attraverso la quinta repubblica.
Vincitori del primo turno e diretti al ballottaggio, Emmanuel Macron del partito di centro En Marche! col 23,75% dei voti e Marine Le Pen del Front National (partito di estrema destra) con il 21,53%.
Nonostante il clima di tensione e paura a seguito dell'attentato avvenuto giovedì sera agli Champs Elysèes, dove un uomo armato di Kalashnikov ha aperto il fuoco contro la polizia uccidendo un agente e ferendone altri due, la popolazione francese ha risposto 'Presente!', votando in massa e sancendo un risultato storico per la loro patria.
Estromessi alla corsa all'Eliseo i repubblicani di Fillon, votati solamente col 19.91% e rappresentanti così solamente la terza forza politica francese. 
Momento storicamente delicato per i socialisti di Hamon, la cui percentuale di voto si aggira intorno al 6,35%; dopo la non ricandidatura alle presidenziali dell'attuale presidente François Holland e la sconfitta alle primarie dell'impopolare Valls a favore del movimentista Hamon, si prospetta ora dopo i risultati ottenuti, la morte del partito fondato nel lontano 1971, così come ammesso dal premier stesso al termine dello spoglio dei voti.
Spazio ora al ballottaggio del 7 maggio dove si sfideranno due movimenti politici mai al potere fino ad ora, segnando un nuovo inizio nella vita politica francese.


Emmanuel Macron
Aprono in rialzo i mercati economici globali dopo la vittoria del centrista Macron nel primo turno delle presidenziali francesi.
Nato ad Amiens il 21 dicembre del 1977, incarna una figura nuova per la politica d'oltralpe; uomo onesto e antitradizionale la cui figura politica risente dell'influenza di Brigitte Trogneaux, sua insegnante ai tempi del liceo e attualmente sua moglie di ventiquattro anni più anziana. 
L'ex ministro dell'economia, dell'industria e del digitale dal 2014 al 2016 ed ora rappresentante del partito En Marche!, viene considerato dai più il "figlio" politico di Hollande.
Dopo la giornata elettorale di domenica, potrà contare sull'appoggio della maggior parte delle forze politiche francesi, unite in un fronte comune 
anti-Le Pen. Da non tralasciare il sostegno garantitogli attualmente dal presidente uscente e del presidente della commissione europea Jean Claude Junker, consci e uniti nel definire Macron la scelta migliore per la Francia e il suo popolo.

Marine Le Pen
Nata il 5 agosto 1968, Marine Le Pen ha ereditato il Fronte Nazionale dal padre Jean-Marie che lo aveva fondato nel 1972, donandogli un un'anima meno nazista a differenza di un tempo, portando così il partito d'estrema destra al successo.

Terzogenita, ha saputo ricreare la sua immagine conquistando consenso fra la popolazione (soprattutto quella meno abbiente) nonostante un ideologia di base conservatrice e xenofoba.
Alta, bionda, carismatica e madre di tre figli ha conquistato quasi il 22% dei voti francesi, sancendo un risultato storico per il suo partito.
Raggiante e soddisfatta al termine dello spoglio dei voti, ha ringraziato i propri sostenitori, non mancando di punzecchiare il rivale nel ballottaggio della prossima settimana, definendo il suo programma politico "deboluccio" in materia di terrorismo e difesa dei cittadini.



Scontri e violenza post-voto
Violenta manifestazione nella capitale francese subito dopo l'annuncio ufficiale dei risultati elettorali.
Gli scontri hanno provocato nove feriti (sei poliziotti e tre studenti) e ben ventinove fermati.
Il fronte studentesco anti-Le Pen ha poi provocato distruzione e scompiglio nei dintorni della Bastiglia, rompendo vetrine di negozi e banche.

                                      -Scritto da A-








mercoledì 29 marzo 2017

Londra, il giorno dopo.



Giovedì 23 marzo 2017 non può essere stato un giovedì comune per i londinesi e per l’Europa intera.
Dopo L’attacco terroristico del pomeriggio precedente, sul ponte di Westminster, che ricordiamo ha portato “in dote” quattro vittime (attentatore compreso) e il ferimento di almeno un’altra quarantina di persone, Londra si è risvegliata in un clima di terrore e di sgomento.
L’attacco subito rivendicato dall’ISIS, non può non riportarci alla memoria gli attacchi messi in atto un anno esatto fa a Bruxelles, o a quelli del Bataclan, o ancora quello avvenuto alla sede di Charlie Hebdo; tutto ciò ci riporta come ad oggi il problema del terrorismo sia irrisolto e probabilmente irrisolvibile.
Chiare, forti, un monito a reagire le parole pronunciate dal premier Britannico: ”non  ci facciamo intimorire, milioni di gesti di normalità sono la risposta al terrorismo.”
La normalità dopo la follia… perché il terrorismo vuole un popolo intimorito ed è quello che l’Europa non può e non deve concedergli.
L’unica arma in nostro possesso è quella di continuare a vivere il più normalmente possibile, senza paura.
Tutto questo mentre a Londra e al resto del mondo non resta altro che commemorare le vittime di questi vili e insulsi attacchi.

WE ARE NOT AFRAID!!




Il terrorista

L’attentatore è stato riconosciuto dalle autorità come Khalid Masood, di cinquantadue anni, cittadino Inglese ma di origine Pakistana;
Già noto alle autorità Britanniche (oggi sotto accusa) per crimini ordinari, era sposato e padre di tre figlie, con la passione del giardinaggio.
Una persona apparentemente comune si cela, dunque, dietro l’ orrido attacco di mercoledì.

Le vittime

Keith Palmer: poliziotto quarantottenne accoltellato brutalmente mentre espletava il suo lavoro di protezione del parlamento; era sposato e padre di famiglia.

Aysha Frade: Mamma di quarantatre anni, investita mentre si stava recando a 
prendere i figli a scuola.

Kurt Cochran: cinquantaquattro anni anch'egli; Si trovava a Londra in vacanza 
assieme alla moglie rimasta anch'essa ferita.


No alla Brexit

Non si sono fatti intimorire gli organizzatori della manifestazione contro la Brexit,che in occasione delle celebrazioni dei trattati di Roma, hanno sfilato insieme ad ottantamila cittadini per le strade di Londra.
Il corteo ha sfilato in modo ordinato e pacifico sino al parlamento, chiedendo ai capi di stato di rimanere nell'Unione.
"Il terrorismo non ci dividerà..la Brexit sì" questo lo slogan che più colpisce tra quelli esposti dai manifestanti.
Proseguono inoltre, e trovano sfogo in questa manifestazione, le proteste sulla sicurezza della capitale Inglese.






  -Scritto da A-

martedì 28 marzo 2017

Celebrazione Trattati di Roma


Il 22 marzo, il Presidente del Consiglio Mattarella ha preso la parola davanti alla Camera dei Deputati e ai rappresentanti degli altri Stati membri dell'Unione Europea, per inaugurare la settimana di festeggiamenti per celebrare i 60 anni dai Trattati di Roma che hanno dato vita all'UE.
Il discorso trova i suoi punti chiave nell'affermazione di un'Europa capace di riuscire a mantenere la sua identità e il suo fine primario, ovvero evitare un altro conflitto mondiale; riuscendo a non far conoscere la realtà della guerra a ben 3 generazioni.
Infine sottolinea l'importanza di una voce comune e collettiva capace di far sentire i propri diritti, celebrando le idee dei padri fondatori dell'UE capaci di convertire le ansie dei rispettivi popoli in punti di forza; realizzando società aperte dove vi fossero garantite libertà e democrazia, per salvaguardare la pace nel vecchio continente.
La Lega è stato l'unico partito a disertare, non partecipando al discorso del Presidente e promuovendo una protesta nella piazza davanti a Montecitorio, in segno di protesta contro l'Europa; mentre l'altro partito anti-europeista (M5S) era presente in aula.
Scritto da L.