martedì 18 aprile 2017

Keith Haring


Parlare d'arte non fa mai male, oggi parleremo di un altro writer o graffitaro, rimanendo sulla linea d'onda dell'articolo della settimana scorsa su Banksy.
Keith Haring, per molti sarà un nome sconosciuto ma appena si mette l'immagine del cane stilizzato geometrico che abbaia, tutti automaticamente riconoscono il genio.
Al contrario di Banksy la cui identità rimane tutt'ora velata, in questo caso parliamo di un personaggio pubblico.
Nato in Pennsylvenia nel 1958 mostra da subito inclinazioni artistiche verso il disegno, che gli verrà sempre incoraggiata dal padre. L'adolescenza fu un po travagliata e contraddistinta da alcool e droga, in questo periodo si reca a Washington a vedere una mostra di Andy Warhol e ne rimane affascinato. Inizia a frequentare l'università di Pittsburgh, seguendo lezioni di grafica pubblicitaria ma dopo poco più di un anno abbandona e inizia un periodo di miseria per il giovane artista. Ma inizia a leggere d'arte con sempre maggiore assiduità e continua i suoi lavori, così l'anno successivo da vita alla sua mostra personale che ottenne un successo enorme che lo portò a trasferirsi nella metropoli degli artisti, New York City.
Inizia a frequentare la School of Visual Art e a scoprire il suo orientamento omosessuale, non
conseguirà mai la laurea perchè è insofferente verso le forme espressive e di comunicazione odierne e tradizionali, per questo sceglie che la sua identità artistica sia il Graffitismo; l'ambiente urbano cittadino e gli spazi pubblicitari vuoti della metropolitana di NY diventano le sue tele.

Ormai famoso in tutto il mondo viaggia su commissione anche in Europa, ma in quegli anni inizia sempre più a nascere in lui la consapevolezza del virus dell'AIDS che lo colpì nella seconda metà degli anni ottanta. Il 16 febbraio del 1990, all'età di 31 anni, ci lascia a NY un artista che avrebbe potuto contribuire ancora molto nell'ambiente artistico di oggi.
Il suo Stile è immediato e festivo, soprattutto per i colori accesi e accattivanti, attraverso i suoi personaggi stilizzati bidimensionali in questa comunicazione diretta e facilmente leggibile ha fatto tanto gli studi di grafic pubblicitaria a Pittsburgh. Imessaggi sono semplici e chiari ma toccano tematiche scomode come il capitalismo, il razzismo, la droga, l'apartheid, l'AIDS e le ingiustizie sociali, giusto per citarne alcuni.
Resterà uno dei principali capostipiti del graffitismo metropolitano, un'arte per tutti e a disposizione del più vasto pubblico possibile.
                                                                          Scritto da L.

Nessun commento:

Posta un commento