martedì 6 giugno 2017

I difensori di Toto Riina si appellano ai diritti umani dei carcerati


I difensori dell'ex boss mafioso, Totò Riina, chiedono la
detenzione ai domiciliari e il differimento della pena in modo da permettere nuovamente al Tribunale di Bologna di capire se il boss è ad oggi ancora pericoloso.
La Suprema Corte sta valutando il caso e chiede alla magistratura bolognese di esaminare nuovamente la situazione.

Ad oggi l'86enne, che ordinò le stragi di Capaci e Via D'Amelio, e che fece uccidere il giudice Chinnici, il prefetto Dalla Chiesa, poliziotti, giudici e giornalisti, soffre di cirrosi epatica e svariate patologie correlate.

Si fa appello ai diritti dei carcerati di ricevere una morte dignitosa, chiedendo di valutare la situazione clinica con la permanenza in un carcere di massima sicurezza, in isolamento perenne e sotto continuo monitoraggio visivo. Tutt'ora l'ex numero uno di Cosa Nostra è imputato all'interno del processo Stato-Mafia, ma non ha potuto partecipare alle ultime udienze per via dei suoi problemi e la sua grave forma di cardiopatia, che non gli permettono di rimanere nemmeno seduto.

La cassazione intenderebbe dare una chance ma davanti al tribunale di sorveglianza si presenterà per il giudizio di rinvio il procuratore generale del capoluogo emiliano, De Francisci (allievo nell'Ufficio istruzione di Falcone a Palermo); intenzionato a non tornare sui suoi passi e di non permettere nessuno sconto per un uomo che di sconti non ne ha mai fatti per nessuno.

Le polemiche nascono dopo la morte dell'anno scorso del numero due più importante della vita mafiosa del sud Italia, Provenzano; trovato morto in carcere  a Milano in stato vegetativo.


Scritto da L.


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