Il pezzo settimanale dell'arte non poteva essere dedicato ad altri se non a Paolo Villaggio, una persona che è diventata un simbolo di italianità nel mondo e capace di farci ridere, riflettere ed emozionare in tutto ciò che faceva.
Inizio il mio articolo riportando proprio le sue parole durante un'intervista di qualche anno fa:
"Sono inviperito per questa tendenza che esiste soprattutto in Italia, forse per le sue radici cattoliche, di riconoscere i meriti degli artisti solo dopo la morte. Come se la morte nobilitasse."
Già solo da queste poche righe capiamo che l'uomo che stava dietro a tutte quelle maschere, aveva un senso sociale e di visione del mondo superiore, tipico di un'artista.
Lui nasce a Genova nel lontano 1932 da una famiglia benestante e nella sua giovinezza verrà a contatto col mondo del teatro, che lo formerà e delineerà i suoi personaggi futuri.
Grazie a Maurizio Costanzo riuscirà a trovare spazio in radio, una volta spostatosi a Roma. Senza mai allontanarsi dal mondo cabarettistico che lo ha seguito fin dai tempi in cui lavora in fabbrica, dopo aver mollato gli studi di legge.
Negli anni 70 da vita a Il Personaggio, il ragioniere Ugo Fantozzi, invenzione dello stesso Villaggio che mutò dai suoi scritti fino ad arrivare sul grande e piccolo schermo con i famosissimi film del ragioniere più sfortunato di sempre.
Ma come è nato quest'idea di Fantozzi? Lascio rispondere lo stesso Paolo Villaggio che dichiarò, in un suo libro:
"Con Fantozzi ho cercato di raccontare l'avventura di chi vive in quella sezione della vita attraverso la quale tutti (tranne i figli dei potentissimi) passano o sono passati. Il momento in cui si è sotto il padrone. Molti ne vengono fuori con onore, molti ci sono passati a vent'anni, altri a trenta, molti ci rimangono per sempre e sono la maggior parte. Fantozzi è uno di questi."
La sua satira così reale e suggestiva è entrata nel cuore di tutti gli italiani che si sono riconosciuti nella persona, o maschera, del ragioniere sotto il controllo dei propri superiori che cerca di andare avanti e di condurre una vita normale.
Fellini riconobbe in lui l'arte e come in Benigni, cucendogli addosso il suo ultimo film "La voce della Luna", del quale venne insignito col David di Donatello nel 1990, proprio come attore protagonista.
Nel 1992 ricevette un Leone D'Oro alla carriera durante il Festival del Cinema di Venezia e nel 1995 fu insignito della carica di Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Un'artista a tutto tondo che svariava su ogni campo artistico, esprimendo sempre le sue tendenze teatrali che prendevano ispirazione dalla mimica facciale del cinema muto fino a toccare l'inaspettato tipico del teatro dell'assurdo.
Non saprei utilizzare parole migliori per salutare e tributare il grande Paolo Villaggio, se non utilizzando la descrizione del pesonaggio Fantozziano, dipinta
da parte del critico Mereghetti:
"Fantozzi come la maggioranza dell'umanità non ha talento. E lo sa. Non si batte ne per vincere ne per perdere ma per sopravvivere. E questo gli permette di essere indistruttibile. La gente lo vede, ci si riconosce, ne ride, si sente meglio e continua a comportarsi come Fantozzi."
Ciao Paolo, ci rivediamo nei tuoi film.
(Immagine presa dal sito Ufficiale Comingsoon.it)
Scritto da L.
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